Il cambiamento climatico riguarda tutti noi

Agire costa.
Aspettare che siano gli altri ad agire costa di più.
Non agire costerà molto di più.
Già nel 2006, Sir Nicolas Stern aveva affermato che, se non ci attiviamo, i costi derivanti dai cambiamenti climatici ammonteranno a circa il 20 per cento all’anno del PIL mondiale.

I cambiamenti climatici sono una realtà che ci riguarda tutti e direttamente.
Se i ghiacciai scompaiono, l’approvvigionamento idrico e in derrate alimentari è a rischio per circa un miliardo di persone nell’Asia meridionale.
Se il livello del mare sale, molti villaggi, città e isole situati nelle zone costiere di tutti i continenti sono minacciati.

L’inerzia non comporta solo conseguenze macroeconomiche.
L’inerzia porta anche a una destabilizzazione di intere regioni. Penuria idrica in Darfur, acqua in eccesso dopo le inondazioni in Pakistan – in entrambi i casi mancano le condizioni di base per poter coltivare le derrate alimentari.
Le conseguenze sono le stesse in entrambi i casi: povertà, violenza, conflitti, migrazioni.

Per queste ragioni tutti noi abbiamo interesse ad agire.
E tutti noi sappiamo che una politica nazionale in materia di clima è certamente importante, ma non si può fermare ai confini nazionali.
Solo mediante una cooperazione internazionale possiamo arrestare la distruzione della nostra biosfera.
Con le promesse non si va avanti.
Tutti sono tenuti a fornire il proprio contributo.
Solo in questo modo possiamo far fronte all’impasse sul clima.

La codecisione richiede una corresponsabilità

Attualmente, in una comunità internazionale in rapido mutamento, molti Stati, compresi i Paesi emergenti, hanno la possibilità di beneficiare dei vantaggi economici connessi alla globalizzazione e alla crescita.
Questi Stati chiedono di avere più potere decisionale.
La loro è senza dubbio una richiesta legittima.
Ma più potere e più diritti significano anche una maggiore responsabilità.

Per poter dare seguito a tale richiesta dobbiamo pertanto chiederci se la distinzione indifferenziata in Paesi industrializzati, Paesi in via di sviluppo e Paesi emergenti sia oggi ancora valida.
Per le questioni ambientali, non dobbiamo forse considerare, in una futura architettura, altri parametri – come ad esempio il principio di causalità («chi inquina paga») – con una normativa transitoria basata sulle emissioni del passato?
Una responsabilità comune e differenziata esige il coinvolgimento di tutti i Paesi responsabili delle maggiori emissioni.
Solo così tutti gli Stati, indipendentemente dal loro grado di sviluppo, hanno interesse ad adottare comportamenti rispettosi del clima e a ridurre le emissioni.

Trarre profitto dalla tecnica a livello globale

Tutti noi sappiamo che una politica efficace in materia di clima è più di una semplice politica climatica.
Ecologia ed economia non si escludono a vicenda.
Per numerose problematiche esistono oggi soluzioni tecnologiche.
L’intensa attività di ricerca ne produrrà di nuove.
L’economia, e in generale il settore privato, ha interesse a investire, se creiamo i necessari incentivi, se provvediamo al trasferimento delle tecnologie e se i nuovi beni che rispettano l’ambiente sono accessibili ai consumatori.

Tutto ciò può essere concretizzato grazie a meccanismi d’incentivazione che agiscono sui prezzi.
Il CO2 deve avere un prezzo.
In tutti i Paesi devono essere definiti obiettivi di riduzione, affinché sia possibile introdurre nuove tecnologie rispettose dell’ambiente. In Svizzera possediamo un know-how tecnologico nell’ambito della protezione dei corsi d’acqua, degli edifici, dello sfruttamento energetico o delle misure di protezione dell’aria.
I Paesi più ricchi devono sostenere i Paesi più poveri.
Gli sforzi nel settore della ricerca e dello sviluppo delle tecnologie devono essere rafforzati.

Regole comuni per un successo duraturo

Non vogliamo che nel nuovo ordinamento mondiale predomini il diritto del più forte o che sia perseguita unicamente una crescita senza limiti.
Vogliamo uno Stato di diritto con delle regole affidabili e condivise a livello internazionale.
Questo è importante per l’ambiente.
Ognuno deve avere la certezza che non è solo e che anche altri sono disposti a prestare contributi ambiziosi.
A questo scopo è necessario un quadro vincolante che preveda per tutti i Paesi più sviluppati, e in particolare per i grandi produttori di emissioni, obblighi chiari, equivalenti e verificabili.
Occorrono inoltre obiettivi di riduzione ambiziosi e chiare regole per i meccanismi di mercato.
L’economia ha bisogno di continuità e di segnali chiari.

Al Vertice della Francofonia, tenutosi lo scorso ottobre sotto la presidenza della Svizzera, i partecipanti hanno convenuto nella dichiarazione finale di impegnarsi in modo più incisivo per lottare contro il cambiamento climatico e di elaborare regole vincolanti nell’ambito dell’ONU. La Francofonia rappresenta Paesi di tutti i continenti presenti qui alla Conferenza sul clima. In nome della Francofonia vi posso assicurare che tutti noi ci impegneremo affinché venga adottato un accordo globale e vincolante.

Lasciatemi infine spendere anche due parole in nome dell’Environmental Integrity Group (EIG), che comprende Messico, Monaco, Liechtenstein, Corea del Sud e Svizzera. L’EIG, a Cancun, è disposto a compiere un passo importante sulla via della sostenibilità. Il nostro auspico è che Cancun possa essere ricordata come sede della conferenza durante la quale gli Stati partecipanti sono giunti a un’intesa ambiziosa, equilibrata ed equa, atta a preparare il terreno per un accordo giuridico vincolante.

La Svizzera, dal canto suo, intende ridurre l’emissione di gas ad effetto serra del 20 per cento entro il 2020.
Insieme ad altri Paesi industrializzati potremmo persino riuscire a portare questa soglia al 30 per cento.
Ci impegniamo inoltre a limitare il surriscaldamento globale medio causato dai gas a effetto serra a meno di 2 gradi.

Qui a Cancun abbiamo l’opportunità di dare un segnale chiaro in tal senso.

Conferenza ONU sul clima, discorso di Doris Leuthard, presidente della Confederazione