Prosegue in Svizzera la deleteria politica delle “aperture”. E, va da sé, si tratta di aperture a senso unico, perché i paesi a noi confinanti, specie se confinanti a sud, si preoccupano prima di tutto di tutelare il proprio mercato del lavoro interno: e hanno perfettamente ragione.

L’ultimo (in ordine di tempo) ad essere stato “contagiato” è il Ministero pubblico della Confederazione, dove di recente sono stati assunti tre Procuratori federali stranieri. Per essere precisi: un’italiana, un tedesco e un’olandese. Più o meno come nelle barzellette. Solo che, nel caso concreto, la storiella non fa ridere. Prosegue quindi la svendita dei posti pubblici – anche quelli giudiziari di alto livello. Com’è possibile che da noi (e, con tutta probabilità, solo da noi) si giunga a tanto? La chiave del mistero si trova nella nuova Legge sull’organizzazione delle autorità penali della Confederazione. La quale prevede che sia il procuratore generale a scegliere i procuratori federali.

Col vecchio ordinamento questa era invece una prerogativa del Consiglio federale. Sicché il procuratore generale Erwin Beyeler ha pensato bene di nominare i tre procuratori federali stranieri “da barzelletta”. Proprio una bella iniziativa, non c’è che dire. Il colmo è che i baldi deputati alle Camere federali nemmeno si sono accorti di essere stati loro, con la nuova legge, ad autorizzare la nomina di procuratori federali stranieri. Come se ci fosse carenza di giuristi col passaporto rosso! Un quotidiano romando ha infatti interpellato alcuni parlamentari chiedendo lumi sulla “pregevole” novella legislativa: caduta collettiva dalle nuvole degli interlocutori.

L’assunzione di candidati stranieri a posti giudiziari di alto livello è una mossa completamente sbagliata. Una provocazione. A maggior ragione se si pensa a ciò che prevedono le direttive della stessa Unione europea (!) in merito agli impieghi nella pubblica amministrazione. Nell’articolo 39 paragrafo 4 del trattato CE si legge infatti che la libera circolazione delle persone non si applica agli impieghi della pubblica amministrazione. Ergo, l’accesso al settore pubblico può essere limitato ai soli cittadini dello Stato interessato. Questo – va sottolineato – lo dice l’UE. Poi è vero che la Corte di Giustizia (ancora una volta, ed in barba alla separazione dei poteri: giudici che, invece di applicare le leggi, credono di poterle stravolgere) interpreta questa deroga in modo restrittivo. Ma ciò non ci riguarda affatto.

La realtà è che la stessa Unione europea permette agli Stati membri di riservare gli impieghi nella pubblica amministrazione ai propri cittadini. Mentre la Svizzera, che per fortuna non è membro dell’UE, assume procuratori federali stranieri. Quando di giuristi elvetici ne è “piena l’aria”. Più papisti del Papa, sempre e comunque. E’ proprio il caso di dire che siamo alla frutta.

Lorenzo Quadri
Deputato in Gran Consiglio
Municipale di Lugano
Lega dei Ticinesi