Rapporto franco-euro? Che fare? Il problema è passato dal 2010 a questo nuovo anno senza portarsi appresso alcuna soluzione, nonostante la questione sia stata affrontata anche durante la conferenza stampa annuale di economiesuisse, che ha avuto luogo lunedì 10 gennaio a Zurigo.

Patrick Odier, vice-presidente di economiesuisse e presidente dell’Associazione svizzera dei banchieri, ha sottolineato che l’industria dei servizi finanziari è cosciente del peso del franco sull’export svizzero e si sta adoperando per trovare soluzioni in collaborazione con le società interessate dal problema.
Tuttavia, precisa Odier, la forza del franco non è la conseguenza di una speculazione da parte delle banche svizzere, quanto piuttosto il risultato delle deboli condizioni economiche dell’Europa. Gran parte degli scambi delle valute vengono eseguiti da società che non fanno parte del settore bancario e molti sono realizzati a livello internazionale, senza riguardare l’operato delle banche svizzere.
Per queste ragioni Odier non vede la necessità di un patto fra l’economia e le banche, un accordo che obbligherebbe queste ultime a rifiutare ogni operazione suscettibile di aumentare ancora di più il valore della moneta svizzera.
“E’ un gentlemen’s agreement di cui non vi è necessità – ha detto, riferendosi alle misure messe in atto negli anni 1970 per lottare contro l’apprezzamento del franco.

Il presidente di economiesuisse Gerold Bührer ha dal canto suo spiegato che dubita dell’utilità di interventi diretti sui mercati delle valute. Legare il franco all’euro, come era stato suggerito nei giorni scorsi, non è una soluzione da considerare, soprattutto tenendo conto del livello debole della moneta europea.
“Un corso di 1.25 franchi per 1 euro sarebbe troppo basso – ha detto Bührer – Per ottenere un corso superiore, che raggiunga almeno 1.40 franchi, la Banca nazionale svizzera dovrebbe mettere a disposizione una somma miliardaria a tre cifre. Un’operazione senza senso.”