Interpellanza di Nadia Ghisolfi e Luca Pagani.Nella sessione di marzo 2010 il Gran Consiglio ha approvato l’integrazione dell’Alta scuola pedagogica nella SUPSI, con l’auspicio e l’obiettivo di colmare le lacune presenti nel sistema antecedente, quali il livello e la qualità dell’insegnamento, nonché l’immagine e l’attrattiva della Scuola stessa e, conseguentemente, della professione di docente. L’integrazione nella SUPSI avrebbe dovuto permettere all’Alta scuola pedagogica di raggiungere un vero e proprio profilo di scuola terziaria di livello universitario.

Obiettivo fondamentale per rispettare il piano della riforma del settore della formazione universitaria svizzera, che prevede il passaggio delle Alte scuole pedagogiche a questo livello entro il 2011. In secondo luogo, avrebbe permesso di rinnovare l’immagine della scuola e della professione stessa, garantendo una certa qualità e migliorando il livello della formazione di base, pedagogica e continua. Qualità non solo per gli allievi quindi, ma anche per i docenti. Il ruolo del docente, infatti, è cambiato nel corso degli anni ed ha assunto sempre più importanza nello sviluppo e nella formazione delle giovani generazioni. Rispetto al passato, oggigiorno capita purtroppo sempre più spesso che le famiglie abbiano meno tempo da passare insieme. Le possibili conseguenze negative che ne derivano sono molteplici. Una di queste è la minore possibilità per i genitori di occuparsi dell’educazione dei propri figli. Anche se l’ideale resta sempre e comunque un ruolo attivo e principale da parte della famiglia, ci si accorge che questo avviene sempre più frequentemente con maggiori difficoltà, in quanto anche la composizione della famiglia stessa è cambiata. Rispetto al passato esistono molte più famiglie allargate, o mono-parentali, con molteplici situazioni problematiche, che rendono maggiormente difficile il compito e il ruolo dei genitori. In questo contesto la scuola, e i docenti, possono e devono giocare un ruolo.

Se c’è un vuoto può e deve essere colmato. Anche per questo motivo la formazione di base, pedagogica e continua dei docenti diventa un tassello fondamentale della nostra società, che non deve essere sottovalutato. Il docente può giocare un ruolo importante, fungere da punto di rifermento ulteriore alla famiglia ed agli amici. Per questo motivo è necessario che a ricoprire questa funzione vi sia del personale qualificato. Questo obiettivo può essere raggiunto solo rendendo la professione e la formazione stessa maggiormente attrattive, offrendo un’istruzione di qualità, soprattutto a quegli studenti che, terminato un curricolo universitario, decidono di conseguire l’abilitazione all’insegnamento. Altrettanto importante in questo senso è l’accessibilità. Non tutti infatti hanno la possibilità, dopo un percorso universitario completo, di frequentare un’ulteriore formazione a tempo pieno, quindi senza percepire alcuno stipendio. Questo potrebbe disincentivare alcuni nella scelta della professione. È quindi fondamentale l’introduzione di una formazione “en emploi” parallela all’attività professionale, in modo di dare una possibilità concreta a chi è interessato ad intraprendere questo percorso.

Sulla base di queste premesse, chiedo al Consiglio di Stato:

1) si può trarre un primo bilancio dall’integrazione dell’ASP nella SUPSI? Si può considerare raggiunto l’obiettivo di una scuola terziaria a livello universitario?
2) Che tipo di formazioni (di base, pedagogica e continua) vengono offerte attualmente ai docenti per permettere loro di tenersi “al passo con i tempi” in merito alle tematiche legate soprattutto ai giovani ed alle problematiche nuove ed emergenti del mondo giovanile?
3) Formazione “en emploi”:
a. Qual è l’offerta attuale della formazione “en emploi”?
b. Com’è l’offerta del nostro Cantone paragonata ad altri della Svizzera?
c. Quanto sono richiesti/frequentati questi corsi e da che tipo di persone (età/sesso/formazione)?
d. cosa viene fatto per promuovere questo tipo di formazione?

Con ossequio.

Nadia Ghisolfi
Luca Pagani