Il Partito Socialista in Ticino sostiene con convinzione l’iniziativa sui salari minimi lanciata ieri a livello nazionale proprio perché sono numerosi nel nostro Cantone gli ambiti in cui i lavoratori e le lavoratrici sono malpagati.

Il PS si dice convinto che per combattere dumping salariale e situazioni di precarietà particolarmente presenti in Ticino, l’unica soluzione sia l’introduzione del salario minimo legale.
È inaccettabile – si legge nella nota stampa – che gli scarti salariali continuino ad aumentare e che all’estremità inferiore della scala si ritrovino retribuzioni che costituiscono la causa principale della nuova povertà. In Ticino vivono «Working Poor» che non arrivano a mantenere la loro famiglia, pur lavorando al 100%.

Un salario minimo per un lavoro rappresenta un elemento centrale della giustizia sociale. Oggi ciò deve corrispondere almeno a un salario orario di 22 franchi, ossia a una retribuzione di circa 4000.- franchi al mese per un impiego al 100%.
Un salario minimo – prosegue ancora il PS – accanto a un rafforzamento dei contratti collettivi di lavoro permetterebbe inoltre a tutti i lavoratori e le lavoratrici (e non solo a chi ha i salari più bassi) di avere reali benefici. Il salario minimo legale è anche un passo concreto verso l’uguaglianza salariale: infatti su circa 400’000 persone con bassi redditi, circa 320’000 sono donne.

Per questa ragione – scrivono ancora i vertici del PS – proprio perché le donne sono ancora discriminate per quanto riguarda i salari, il Partito Socialista si batte per una politica a favore di tutta la società, invece di favorire, come fanno altri, gli interessi di pochi privilegiati. Un salario minimo per un lavoro al 100% – conclude la nota stampa – rappresenta un primo passo in questa direzione.