Sei anni dopo l’attentato che costò la vita all’ex primo ministro libanese Rafik Hariri, suo figlio Saad annuncia di essere passato nelle file dell’opposizione. La decisione è intervenuta dopo che il partito islamico Hezbollah ha rovesciato il suo governo a seguito di un lungo braccio di ferro riguardo al tribunale delle Nazioni Unite, istituito nel 2007 per indagare sull’assassinio di Hariri.

Era il 14 febbraio del 2005 quando una camionetta imbottita di esplosivo era saltata in aria uccidendo Rafik Hariri e altre 22 persone nel centro di Beirut. Allora il dito era stato puntato contro la Siria, le cui truppe erano stanziate in Libano da 29 anni per esercitare una forma di « tutela militare ». Damasco aveva ritirato tutti i suoi soldati a seguito della pressione della comunità internazionale.
La partenza dei soldati siriani non aveva unito il Libano, un paese che si era trovato diviso in due distinte fazioni a seguito dell’assassinio di Rafik Hariri. Da una parte la Coalizione del 14 marzo, capeggiata da Saad Hariri e sostenuta da Stati Uniti e Arabia Saudita e dall’altra parte il potente movimento Hezbollah, sostenuto da Iran e Siria. La Coalizione del 14 marzo aveva riportato importanti vittorie elettorali e nel 2009 Saad Hariri era stato eletto a capo di un governo d’unione.

Hezbollah aspetta di essere formalmente accusato di aver organizzato, forse con l’aiuto della Siria, l’assassinio di Hariri nel 2005 e ha cercato invano di rendere incostituzionale il tribunale delle Nazioni Unite. Non essendoci riuscito, lo scorso gennaio aveva ritirato i suoi ministri dal governo, che decimato di un terzo era caduto.
Il reclutamento dei partigiani del leader Walid Jumblatt ha permesso ad Hezbollah di diventare maggioritario in Parlamento e il miliardario Najib Miqati, vicino ai vertici del governo siriano, è stato designato quale nuovo primo ministro. Al momento Miqati sta conducendo le consultazioni per formare il nuovo governo.

Il passaggio all’opposizione di Saad Hariri permetterà certamente all’ex premier di avere il margine di libertà necessario per alzare i toni del suo discorso politico e mediatico. Essendo libero da ogni pressione, non sarà più tenuto a mantenere la calma che doveva dimostrare quando era primo ministro.
Nel suo programma vi è soprattutto la protezione del tribunale delle Nazioni Unite che sta facendo luce sulla morte di suo padre. Il suo timore è che pressato da Hezbollah il nuovo premier Miqati metta i bastoni fra le ruote del tribunale e gli impedisca di svolgere adeguatamente le sue indagini.

(Fonte: Les Echos.fr)