Fra un mese e mezzo eleggeremo il nuovo Consiglio di Stato e il nuovo Gran Consiglio. Tre ministri (Luigi Pedrazzini, Patrizia Pesenti, Gabriele Gendotti) lasciano, due (Marco Borradori, Laura Sadis) si ripresentano: la loro rielezione è acquisita, i sondaggi finora pubblicati lo confermano. In casa socialista il presidente Manuele Bertoli non sembra avere rivali. L’incertezza riguarda gli altri due seggi: quello del PPD e il secondo del PLRT.

Tra i popolari democratici sarà una volata a due: il municipale di Lugano Paolo Beltraminelli, ingegnere, deputato, e il presidente cantonale Giovanni Jelmini, avvocato, deputato, sono praticamente appaiati, sempre secondo i sondaggi, di cui dobbiamo in ogni caso tenere ben presenti i limiti. Tra i liberali radicali, Sergio Morisoli, economista, dipendente della seconda grande banca svizzera, vicesindaco di Monte Carasso, già coordinatore del Dipartimento delle finanze e dell’economia, ha un certo vantaggio (sempre – vale la pena ripeterlo – stando ai sondaggi) sul capogruppo in Gran Consiglio Christian Vitta, economista, direttore di una società di consulenza e revisione, sindaco di Sant’Antonino.

La battaglia aperta su questi due seggi ha già permesso ai cittadini di notare la differenza di metodo nel confronto interno ai due maggiori partiti. Nel PPD la competizione tra Beltraminelli e Jelmini è basata su un fair play che non concede spazi agli attacchi personali né alle scorrettezze palesi. Ciascun candidato gioca le sue carte, punta sulla simpatia, sulla promozione delle idee e delle proposte inserite nel programma del partito e naturalmente sul confronto con gli altri partiti. Non c’è animosità e, almeno per quanto è dato vedere dall’esterno, non ci sono colpi bassi.

In casa liberale radicale la situazione è ben diversa. È triste doverlo constatare: questa nuova campagna elettorale conferma ancora una volta l’incapacità del PLRT di condurre un confronto sereno e corretto sulle idee, sulle proposte, sui progetti. Prevalgono, come troppo spesso in passato, l’aggressione alla persona, il tentativo sistematico di mettere in cattiva luce il concorrente con insinuazioni, mistificazioni, cattiverie tutte mirate a screditare chi ha idee diverse. Gli attacchi portati da alcuni esponenti dell’ala radicale, spalleggiati, come bene ha scritto il “Corriere del Ticino”, dal megafono bellinzonese, sono di uno squallore che non ha nulla, ma proprio nulla, di liberale. Contro Sergio Morisoli, sostenuto da Idealiberale, l’ala radicale e gli interessi di potere che vi stanno dietro chiedono nei fatti il Berufsverbot. Non per le idee liberali che Morisoli ha e promuove, ma perché è un cattolico praticante e – infamia delle infamie – è vicino o appartiene a Comunione e liberazione. Un aspetto squisitamente privato, personalissimo, qual è la convinzione religiosa che ciascuno di noi può o non può avere, viene usato pubblicamente quale clava per bastonare il concorrente e impedirgli di giocare fino in fondo la sua partita elettorale.

Questa pretesa di emarginazione è la negazione del pensiero e del metodo liberali, una pretesa che rinnega i valori di apertura, tolleranza, pluralismo e soprattutto di libertà alla base del liberalismo. Secondo i vertici radicali, il loro clan e taluni loro esponenti, Morisoli – che rappresenta in Ticino quel liberalismo cattolico che altrove ha dato apporti considerevoli allo sviluppo delle politiche liberali – nemmeno avrebbe il diritto di figurare sulla lista del PLRT per il Consiglio di Stato. Nulla contano il suo impegno liberale nel Comune di Monte Carasso, la sua visione liberale della politica, il suo lavoro, competente, autenticamente tollerante, genuinamente liberale svolto in seno al Dipartimento delle finanze e dell’economia, dove venne portato dall’ex consigliere di Stato Dick Marty. Conta solo il suo credo religioso.

È sconcertante constatare che, nel 2011, all’interno del PLRT l’intolleranza radicale sia ancora così astiosa. Cosa deve accadere nel partito di maggioranza relativa affinché certi metodi antiliberali e antidemocratici siano definitivamente sepolti? Desolante è il silenzio della presidenza di fronte alle scorrettezze di una parte del partito e di un candidato radicale contro il candidato liberale Sergio Morisoli, designato democraticamente dal Comitato cantonale e applaudito e apprezzato dal congresso dei delegati. L’intolleranza e i pregiudizi possono arrivare fino al punto di calpestare la volontà e le libere scelte degli organi competenti del partito? Se sì, lo si dica; se no, si intervenga per far rispettare le regole di un corretto confronto elettorale e soprattutto la persona che si impegna per il partito, contribuendo – e non poco – ad aggregare consensi che probabilmente, senza di essa, emigrerebbero altrove.

Marina Masoni