Il cugino del re del Marocco Mohamed VI, il principe Moulay Hicham Ben Abdallah Al Alaoui (nella foto) si è espresso in un lungo intervento sulla situazione in cui si trova il suo paese.
Un discorso che è stato subito ripreso da diversi media. Qui di seguito ne riportiamo alcuni passaggi, fra i più significativi
.

“Domenica 20 febbraio il Marocco si è unito all’onda di cambiamento che sta attraversando il mondo arabo. In diverse grandi città del paese decine di migliaia di marocchini hanno manifestato per le stesse rivendicazioni espresse altrove: sostituire l’esercizio arbitrario ed assoluto del potere con una democrazia vera ed aperta, mettere fine alla corruzione che soffoca la vita economica, affermare il diritto dei cittadini a essere trattati con dignità e rispetto e a poter condurre una vita decente.

Come altrove, le manifestazioni in Marocco hanno riunito giovani senza futuro, lavoratori precari, islamisti, dissidenti politici tradizionali, gruppi di difesa dei diritti dell’uomo e altri, in una sorta di movimento “senza dirigenza” e senza un’agenda ideologica precisa. I manifestanti marocchini hanno quale primo obiettivo la riforma e non il rovesciamento del regime.
Il regime farà bene a considerare quello che queste manifestazioni significano: l’esistenza di un vasto e persistente malumore in larghi strati della popolazione. Abbiamo per ora assistito solo all’inizio del processo attraverso il quale questo malcontento si esprimerà e troverà la sua espressione politica. E’ impossibile prevedere come andranno le cose nei giorni e nelle settimane a venire. Tutto dipenderà da come le diverse forze presenti reagiranno e interagiranno nel processo in corso.

Il regime dovrebbe tener conto del messaggio delle proteste e capire che si tratta del desiderio di ripristinare lo spirito di rinnovamento che 12 anni fa aveva caratterizzato l’inizio del regno di Mohamed VI. Molti hanno l’impressione che quel processo di rinnovamento sia stato brutalmente interrotto. Il cambiamento era avvenuto nel maggio 2003 dopo gli attentati di Casablanca, con gli arresti di massa, la strumentalizzazione della paura da parte degli islamisti, la tortura e il degradante trattamento di chi era sospettato di terrorismo. Era subentrata un’epoca di censura e persecuzione giudiziaria che aveva causato la scomparsa di buona parte della stampa indipendente, ridotto al silenzio e costretto all’esilio molti giornalisti, generato un’economia corrotta e condotta da gruppi di pressione e interessi privati in nome della monarchia.

Molti marocchini hanno il sentimento che le speranze e le promesse di un tempo non esistono più. Questo perché non sono state iscritte in un processo costituzionale ed istituzionale che avrebbe portato un carattere permanente ed irreversibile. Invece, ancora una volta tutto è stato lasciato in balia del potere e la monarchia non si è impegnata in un accordo leale con il popolo.
Il movimento del 20 febbraio ci insegna che dobbiamo rifondare e ravvivare lo spirito del nuovo regno con una nuova urgenza, perché volti nuovi sono entrati sulla scena politica e non hanno l’intenzione di tirarsi in disparte.

Il Marocco ha avuto il suo avvertimento: il cambiamento è necessario e avverrà, ma non verrà instaurato dall’alto per andare verso il basso. Il re sarà la guida del paese ma al suo fianco ci sarà il popolo, che con lui dirigerà la nazione e non si farà più semplicemente dirigere.”