Il piano anti-Gheddafi dei paesi occidentali passa alle velocità alte. Al 15esimo giorno di una rivolta senza precedenti contro il regime del leader libico Muammar Gheddafi, la comunità internazionale, guidata dagli Stati Uniti, ha decretato sanzioni finanziarie e lo studio dell’opzione militare.

Washington sta preparando il dispiegamento delle sue forze armate navali e terrestri attorno alla Libia.
Si tratterebbe di un intervento “a scopo umanitario” anche se la Segretaria di Stato Hillary Clinton non esclude ogni possibile sviluppo bellico, opinione condivisa ufficialmente da François Fillon, primo ministro francese.

Le sanzioni economiche cominciano a piovere sul regime di Tripoli, con l’Unione europea che si è allineata con la posizione delle Nazioni Unite, adottando l’embargo sulle armi e il blocco degli averi in Occidente di Gheddafi e di 25 alti membri del regime (30 miliardi di dollari sono stati congelati negli Stati Uniti). Per tutti loro è stato inoltre reso effettivo il divieto di accesso ai paesi dello Spazio Schengen.

Assediato da giorni nel suo bunker, Gheddafi e i suoi partigiani controllano solamente una parte della capitale Tripoli e degli immediati dintorni.
Convinto che alla fine il popolo riconoscerà la sua autorità, il colonnello ha chiesto all’opposizione di avviare trattative, una richiesta che al momento è stata respinta.
Gli insorti hanno preso il controllo dei pozzi di petrolio ed hanno annunciato la ripresa delle esportazioni di greggio a partire dai giacimenti nell’est del paese.
Nei giorni scorsi la produzione di petrolio e di gas era calata di oltre il 50%, destando grande preoccupazione nella comunità internazionale e in particolare in Italia, grande fruitrice delle risorse libiche.