Il Canton Ticino di oggi si trova confrontato con degli accordi “unilaterali”. Se infatti il concetto degli accordi bilaterali può essere interessante, in realtà invece non lo è. In primis perché la burocrazia della vicina penisola non permette facilmente a una ditta ticinese di lavorare in Italia. Secondariamente perché le differenze salariali tra le due nazioni non permetterebbero a un ticinese di vivere nel nostro Cantone lavorando al di là del confine.

Situazione inversa per quanto riguarda il popolo italiano. Come abbiamo potuto appurare diverse ditte italiane oggi valicano la frontiera per lavorare quotidianamente in Ticino (troviamo anche diverse ditte dalla Germania), come pure migliaia di frontalieri oltrepassano giornalmente i confini per recarsi presso datori di lavoro elvetici. Ci troviamo di fronte a una serie di dati che talvolta sono incomprensibili. Alcuni sostengono che la causa della disoccupazione sono gli accordi bilaterali, alcuni sostengono il contrario. Una certezza è, come anticipato, che di bilaterale c’è ben poco.

Probabilmente per vedere un sistema funzionante bisognerà attendere diversi anni, ma fino a quando l’Unione Europea non risolverà i suoi problemi interni, trovo molto difficile che entri correttamente in funzione un meccanismo complesso come gli accordi bilaterali. Chissà magari se l’Unione Europea fosse nata con meno nazioni e avesse inserito al suo interno solo paesi sani, sia a livello economico sia a quello politico, oggigiorno potremmo trovarci di fronte a un sistema funzionante e meno fragile. La Svizzera ne è l’esempio, una nazione di diverse culture, lingue, religioni e tradizioni, che con gli anni inserendo passo dopo passo piccoli pezzi, chiamati Cantoni, oggi può contare su un sistema performante e attrattivo.

Mattia Pedetti
Candidato al Gran Consiglio, numero 14 lista PPD + Generazione Giovani