Martedì prossimo cadrà il 25esimo anniversario della catastrofe nucleare di Chernobyl, in Ucraina. Il 26 aprile 1986 alla 1h23, un test di sicurezza andato male faceva esplodere il reattore numero 4 della centrale nucleare.

La deflagrazione era stata talmente potente da aver scoperchiato il reattore, facendo a pezzi la soletta pesante oltre 2000 tonnellate. Il combustibile nucleare aveva bruciato per dieci giorni sprigionando nell’aria elementi radioattivi la cui intensità era pari a quella di 200 bombe come quella caduta su Hiroshima il 6 agosto 1945.

Per spegnere l’incendio e “ripulire” la zona, in quattro anni l’URSS aveva mandato sul posto 600mila uomini. Le tute con cui venivano rivestiti avevano un grado di protezione minima, pochi sono usciti indenni da quell’esperienza.
Il bilancio di Chernobyl suscita ancora la controversia : il culto del segreto di Stato e la cattiva assistenza alle vittime della catastrofe nel caos degli anni post-sovietici sono stati pesantemente criticati, le stesse critiche che sono piovute abbondanti sulla Lobby del nucleare.
5’000 persone sarebbero morte a seguito dell’esposizione alle radiazioni, come confermano diverse agenzie delle Nazioni Unite, fra le quali anche l’OMS, l’Organizzazione mondiale della sanità.
Una cifra contestata da Greenpeace, che ritiene siano almeno 400mila le persone morte fra il 1986 e il 2005 a seguito dell’esposizione alle radiazioni, in Ucraina, in Bielorussia e in Russia.
L’unico dato certo è che la zona attorno alla centrale resta ufficialmente inabitabile per i prossimi tre secoli.

Prima dell’11 marzo l’opinione era che uno scenario come quello di Chernobyl fosse da escludere per le centrali europee, ben più sicure di quelle dell’Ucraina sovietica. La catastrofe di Fukushima ha rilanciato il dibattito della sicurezza. Il Giappone è tecnologicamente più avanzato dell’Europa, eppure non ha saputo evitare il disastro nucleare.

L’Europa è divisa. Austria, Francia, Danimarca e i paesi dell’Est europeo sono fra i primi che si oppongono all’uscita dal nucleare, mentre invece la Germania spinge per la chiusura progressiva di tutte le centrali. Negli altri paesi, fra cui anche la Svizzera, non è stata adottata una posizione definitiva e i dibattiti proseguono, coinvolgendo la popolazione, i partiti politici e i governi.
L’Ucraina, direttamente interessata dal dibattito dichiara di non rinunciare al nucleare. Nel paese sono in funzione ancora quattro centrali. Quella di Chernobyl ha continuato a funzionare sino al 2000.