Crescono le critiche per l’immobilismo di Barack Obama nei confronti della Siria, dove il governo di Bachar al Assad sta attuando da giorni una sanguinosa repressione dei manifestanti. Da un punto di vista morale, ritengono diversi media, l’atteggiamento del governo americano è vergognoso.


Sono centinaia le persone uccise dai militari dopo un mese e mezzo dall’inizio delle proteste contro il regime. Perchè Obama mantiene una posizione tanto distaccata ? Dopo l’esplosione del movimento popolare della scorsa settimana e il massacro dei manifestanti di venerdì, Washington aveva diramato un comunicato nel quale chiedeva la fine immediata della violenza ma non aveva parlato delle dimissioni di al Assad.
Per Obama il dossier siriano sta diventando il più delicato fra quelli della regione. L’amministrazione Obama non vede per il momento una valida alternativa ad al Assad e continua a credere che questi sia capace di portare riforme sociali e politiche.

Gli Stati Uniti ritengono di avere poca influenza sulla Siria in quanto questa non riceve alcun aiuto finanziario da Washington. Il governo di Damasco è considerato un elemento chiave nel processo di pace tra israeliani e palestinesi e per la stabilità in Medio Oriente e gli Stati Uniti ritengono che senza al Assad la Siria potrebbe diventare pericolosa. Per questo gli Stati Uniti hanno sempre avuto una politica di aperture e sperano nell’apertura di un processo di democratizzazione e nell’allontanamento del pericolo di una influenza iraniana. A proposito dell’Iran, l’ex ambasciatore statunitense presso la Nato, Nicholas Burns, dichiarava ieri sulla CNN che solo indebolendo la Siria gli Stati Uniti potranno riuscire ad indebolire l’Iran, che per la regione rappresenta il vero problema.

Elliott Abrams, del Council of Foreign Relations, dichiara che il governo statunitense ha scelto una politica di apertura verso un regime repressivo e oggi, alla luce di quanto sta accadendo in Siria, Washington ha l’obbligo di correggere la sua posizione. Secondo Abrams, Obama dovrebbe richiamare in patria l’ambasciatore a Damasco e chiedere alle Nazioni Unite d’imporre sanzioni.

(Fonte : Washington Post)