Non c’è nessun paradiso o vita dopo la morte. Il paradiso è una favola per le persone che hanno paura del buio.


A dirlo è Stephen Hawking, il matematico ed astrofisico britannico affetto da una malattia degenerativa dei motoneuroni che lo condanna all’immobilità da quando aveva 21 anni.
Per lo scienziato ateo più eminente della Gran Bretagna, alla fine dei nostri giorni non ci sarà niente se non lo sfarfallio ultimo del nostro cervello.
“Ho vissuto con la prospettiva di morire giovane negli ultimi 49 anni. La morte non mi fa paura – ha detto Hawking, che martedì sarà a Londra nell’ambito di una trasmissione sul tema “Perché siamo qui?”

L’assenza di un qualunque elemento religioso nella vita dell’uomo, la sfida della scienza alla religione venivano teorizzati da Hawking anche in The Grand Design (il grande progetto), libro scritto con il fisico americano Leonard Mlodinow e pubblicato lo scorso settembre.
Un’opera dove viene spiegato che “l’universo può essersi creato da sé, può essersi creato dal niente e dunque non è stato Dio a crearlo”.

In questo libro Hawking riprende il filo del suo precedente “Dal Big Bang ai buchi neri”, opera magistrale dove poneva quesiti affascinanti: cosa sappiamo sull’universo? Da dove è venuto e dove sta andando? L’universo ebbe un inizio e allora cosa c’era prima? Il tempo avrà mai una fine?”.
The Grand Design offre delle risposte: il Big Bang fu “una conseguenza inevitabile delle leggi della fisica. Poiché esiste una legge come la gravità, l’universo si è creato da solo, dal niente. La creazione spontanea è la ragione per cui c’è qualcosa invece del nulla, il motivo per cui esiste l’universo, per cui esistiamo noi”.

In pratica Dio non ha creato l’universo e dunque non esiste. Così come non esiste il Paradiso, se non nella mente di chi ha paura di morire.