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Al presidente statunitense che si dice a favore di uno Stato palestinese sulla base delle frontiere del 1967, il premier israeliano Netanyahou, che si trova in visita negli USA, risponde di essere deluso dalla mancanza di coerenza del governo americano.

Obama aveva dichiarato giovedì che le frontiere di un futuro Stato palestinese dovranno essere fondate su quelle del 1967, ossia includere tutta la Cisgiordania, attualmente in parte occupata, la Striscia di Gaza e Gerusalemme Est. In pratica tutti i territori conquistati durante la Guerra dei Sei giorni.
I media israeliani vedono in questa dichiarazione una sfida lanciata al primo ministro Netanyahou, che incontrerà il presidente americano oggi alla Casa Bianca.

In un comunicato diffuso prima della sua partenza per Washington, Netanyahou esclude la possibilità di un ritiro. Il premier parla degli impegni presi nel 2004, secondo i quali Israele non si sarebbe dovuto ritirare al di là delle frontiere difficili da difendere del giugno 1967. In particolare fa riferimento ad una lettera in tal senso scritta da George Bush all’allora primo ministro Ariel Sharon.

Un alto dirigente israeliano minimizza queste divergenze e sottolinea che Obama aveva precisato che senza un accordo di pace gli Stati Uniti si oppongono al procedimento dei palestinesi per far riconoscere il loro Stato di fronte alle Nazioni Unite, il prossimo settembre.
Nella stampa israeliana i quotidiani Yediot Aharonot e Maariv parlano di un confronto e di choc per Netanyahou. Un editorialista parla di un’imboscata organizzata da Washington e di una rivincita del presidente americano sul capo del governo israeliano, con il quale da due anni è in corso una sorta di fredda stagnazione politica.

Da parte palestinese i toni sono ben diversi. Il capo dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas loda gli sforzi di Obama e chiede a Israele di dare al processo di pace le possibilità che merita.
Il portavoce del movimento palestinese estremista Hamas, che controlla la Striscia di Gaza, ha esortato Obama a compiere azioni concrete per proteggere i diritti dei palestinesi e della Nazione araba. Ha anche respinto la richiesta americana di riconoscere la legittimità dello Stato israeliano e di riprendere i negoziati di pace.