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Ristorno all’Italia della quota del 38.8% dell’imposta alla fonte dei frontalieri. Mercoledì erano tre le opzioni sulle quali erano chiamati ad esprimersi i Consiglieri di Stato ticinese.
La proposta del PLRT: Il deposito della somma del ristorno (circa 56 milioni di franchi) su un conto vincolato presso Banca Stato, nell’attesa delle discussioni pendenti con il governo italiano.
L’esplicita richiesta del Consiglio federale, trasmessa a Bellinzona via lettera da Micheline Calmy Rey: Il versamento dell’intera somma nei termini accordati, in osservanza dell’accordo internazionale sui frontalieri redatto nel 1974.
L’ingiunzione della Lega dei ticinesi e dei Consiglieri di Stato Gobbi e Borradori (con i quali si era detto d’accordo anche il Consigliere PPD Paolo Beltraminelli): Il blocco totale del ristorno per obbligare il governo di Roma a togliere la Svizzera dalla lista nera ideata da Giulio Tremonti, per trovare un accordo sulla fiscalità senza l’obbligo dello scambio automatico delle informazioni e per ridurre l’aliquota del ristorno (esorbitante rispetto a quanto viene rimborsato ad altri paesi europei).

La decisione a cui è infine giunto ieri il governo ticinese è una via di mezzo fra queste tre opzioni. Il Consiglio di Stato ha optato per il versamento immediato di 28 milioni di franchi e il blocco di altri 28 milioni di franchi su un conto vincolato.
Una scelta che soddisfa i Consiglieri leghisti e Beltraminelli, mentre non accontenta Laura Sadis (PLRT) e Manuele Bertoli (PS), i quali stavano sulla stessa linea del Consiglio federale.
Quel che abbiamo dunque oggi è un Consiglio di Stato che ha messo in evidenza una profonda spaccatura interna.
Una spaccatura confermata dalle parole di Laura Sadis: “Una decisione illegale, che va contro accordi internazionali e fa sì che il Ticino decida su questioni di cui non ha nessuna competenza (…) La competenza di bloccare un pagamento è unicamente di Berna e per questo avevamo consultato, via lettera, il Consiglio federale.”

Queste le dichiarazioni di Marco Borradori: “Se Berna lo ritiene, copra lei subito l’altra metà (…) la decisione di ieri non è contraria alla legge. È un segnale politico forte verso Berna prima ancora che verso Roma (…)Abbiamo l’impressione che la Capitale non si muova con grande alacrità sulla questione. Quando il ministro tedesco Peer Steinbrück aveva attaccato la Svizzera, lo sdegno del Consiglio federale era stato immediato. Sulle dichiarazioni di Giulio Tremonti circa la piazza finanziaria ticinese nulla si è mosso.”

Manuele Bertoli, che era favorevole al completa versamento dell’imposta all’Italia ha commentato: “Quando un governo decide di andare contro la legge è giunto all’estrema ratio. Lo si fa per questioni molto gravi e questa non lo è.”