Warning: Attempt to read property "post_excerpt" on null in /home/clients/d43697fba9b448981cd8cd1cb3390402/web/content/themes/newsup/single.php on line 88

In queste settimane, in cui sui media tengono banco le imminenti elezioni federali e la crisi in tutta Europa, l’impatto sulla nostra piazza finanziaria degli accordi di doppia imposizione firmati con la Germania e con la Gran Bretagna sembra non richiamare l’interesse dei più. Forse anche perché l’impatto è marcato e sentito solo oltre San Gottardo e a Ginevra.

Il Consiglio Federale e le associazioni economiche si sono affrettati a dirci che questi accordi andavano redatti e firmati al più presto, come se il mondo non potesse più continuare a vivere. Ma perché tanta fretta?
Leggendo con attenzione questi accordi, si evince apertamente quanto il Governo federale abbia sacrificato una parte importante del settore finanziario svizzero per salvare altre lobby. Checché se ne dica è stata annientata la “sfera privata” nelle relazioni tra cliente e banca. Per intenderci il nostro vecchio segreto bancario.

Non abbiamo ottenuto quasi nulla dagli accordi ed il costo di questa operazione di svendita, sarà importante e peserà non solo sull’economia ma anche in termini di posti di lavoro. Per fare un esempio, l’accordo tedesco prevede un’imposta sanzionatoria da prelevare ad ogni cliente con conti da noi, giacenti dal 2003, che varia tra il 19% e il 34% del capitale (!).
In aggiunta ogni anno sarà dovuta un’imposta sostitutiva su tutti i redditi e utili di capitali (oggi non tassati) corrispondente al 26.37%. Diversi clienti si sentiranno traditi dalla Svizzera e, se non aderiranno alla proposta; sposteranno i loro averi all’estero entro il 1.1.2013. Senza sapere però che il nostro Paese si è impegnato, scritto sugli accordi, ad indicare al fisco straniero la destinazione di questi trasferimenti monetari.

Qual è il messaggio che daremo ai nostri clienti? O aderisci al trattato o ti denuncio ? Ma è a questo che la nostra grande tradizione di banchieri discreti e capaci è stata ridotta? Perché nessuno solleva eccezioni a questo dato di fatto in cui la Consigliera federale (speriamo per un paio di mesi ancora) Widmer-Schlumpf ha trasformato il nostro Paese?
In tempi non sospetti Paolo ed io lo abbiamo più volte sostenuto. Era ed è una mera lotta tra piazze finanziarie (americane, inglesi, tedesche ecc.).
Grazie al nostro Governo abbiamo ceduto senza batterci realmente. I clienti sempre più insofferenti e increduli stanno lasciando le nostre banche, alimentando la crescita delle piazze finanziarie estere come: Dubai, Singapore, Hong Kong, Bahamas, Nuova Zelanda, solo per citarne alcune. Diversi istituti di credito in Asia stanno da tempo rafforzando i loro team di gestione patrimoniale. Diversi colleghi della piazza, forti dell’esperienza acquista da noi, si stanno trasferendo nel Nuovo Mondo economico.
L’accordo con l’Italia, qualora dovessimo firmarlo, dovrà prevedere un’aliquota massima dell’8%. Se al contrario saranno negoziate delle aliquote in linea con Germania ed Inghilterra, i nostri clienti da buoni “latini” prima ci manderebbero a quel paese e poi se ne andrebbero senza troppe remore.
Le conseguenze saranno un serio ridimensionamento del settore bancario e parabancario con tagli sostanziali all’occupazione.

L’Associazione Svizzera dei Banchieri è una emanazione delle grandi banche e delle banche estere. Poco o nulla è l’interesse per gli altri istituti che hanno una limitata voce in capitolo senza parlare poi dei gestori patrimoniali e delle fiduciarie. Il recente articolo firmato da Lino Terlizzi apparso sul Sole 24 Ore ha avuto quale effetto d’innescare qua e là reazioni “emotive negative” della clientela estera. Di certo questi commenti frettolosi non fanno altro che mettere in pericolo ancor di più le migliaia di persone che lavorano nel settore.
Per noi è importante che gli accordi di doppia imposizione con il Belpaese si basino su tre pilastri: proteggere i nostri clienti e non dissanguarli, salvaguardare più possibile la loro sfera privata e in fine i nostri posti di lavoro.
Nessuna “tassa capestro” e nessuna minaccia di denuncia o segnalazione all’Agenzia delle entrate. (Fisco italiano). Se così non fosse, attendiamoci un esodo di capitali in fuga dal Ticino, che si tradurrà in una marea di disoccupati a carico dello stato sociale. Attenzione a come Berna si muoverà sul livello politico-negoziale.
Oggi abbiamo un leggero vantaggio: l’incerta evoluzione della situazione politica governativa italiana, che ci permette di non aver fretta di trattare, mentre da parte nostra cerchiamo di remare nella stessa direzione, giornalisti economici, presidenti di grandi banche e associazioni di categoria compresi.

Tiziano Galeazzi
Municipale Monteggio e Vice-presidente UDC Malcantone


Paolo Sanvido
Deputato in Gran Consiglio e candidato al Consiglio Nazionale per la Lega dei ticinesi