Le due famiglie dei da Polenta da Ravenna e dei Malatesta da Rimini erano tra le più rinomate e potenti della Romagna e dopo una serie di duri scontri con conseguente instabilità politica decisero di allearsi concludendo un matrimonio.

Il patto venne suggellato dalle nozze che legarono la giovane Francesca da Polenta all’anziano, zoppo, brutto e rozzo Gianciotto Malatesta. Per far sì che Francesca accettasse lo sposo che le era stato destinato si ricorse a un’astuzia: il matrimonio fu celebrato per procura.
Procuratore fu il più giovane e aitante fratello di Gianciotto, Paolo Malatesta, del quale Francesca si invaghì. Si è detto che Francesca credesse che fosse Paolo lo sposo promessole, anche se ciò appare poco plausibile dal momento che Francesca non poteva non sapere che Paolo era già sposato.
Il quadro romantico è perfetto. Gianciotto sciancato e crudele, un servo maligno a spiare gli amanti; l’amore che scocca indomabile, il bacio, la sorpresa, il duplice delitto.

Paolo e Francesca sono condannati ad amarsi in eterno, nell’Inferno, nel secondo cerchio che è dei Lussuriosi.
Ora leggiamo Dante (canto V). Sono versi sublimi.

Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.

Per più fïate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.

Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,

la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante.