La scuola media ha un peccato originale: essa nasce dall’ideologia. Non che non possa essere stata, anche, un tentativo scelta razionale. Correvano in quei tempi largamente nel pubblico – inquietavano e piacevano – le esperienze della scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani (il sapere che si rivolge contro i poveri). La vecchia scuola era la scuola “dei ricchi”, quella che privilegiava i figli di papà. Doveva essere sostituita da una nuova scuola “democratica”, uguale per tutti, senza privilegi. La grande svolta si realizzò a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta. Tra progetti, sperimentazioni e un diffuso entusiasmo i maestri di scuola maggiore diventarono professori. Una timida opposizione fu agevolmente spazzata via.

Nel 1982 la scuola media unica si era ormai estesa a tutto il Cantone. Da allora sono passati 30 anni. Nonostante i numerosi aggiustamenti e le varie riforme – che hanno fatto paragonare la scuola media ticinese a un cantiere aperto – la situazione è cambiata poco nei decenni. Sempre amata dalla sinistra, eternamente svalutata dalla destra. Si è sempre “andati avanti” anche perché – come disse una volta Carlo Speziali all’autore di questo scritto – “Indietro non si torna!”

Domandiamoci allora: come si presenta la situazione oggi? Un interessante sondaggio commissionato dall’ASCSI, Associazione Società Civile della Svizzera Italiana, ed effettuato nel corso dell’autunno 2011 mostra che tutto sommato le famiglie hanno un’immagine non troppo negativa della scuola media ticinese. Questo fatto può sorprendere ma è giusto accettarlo, se il sondaggio è fedele. Alla domanda 1 (di 10): la scuola media unica è migliore rispetto al vecchio binomio ginnasio/scuola maggiore?, ha risposto Sì il 40% degli interpellati, No il 23%, Non so il 37%.

Un questionario più lungo e articolato (29 domande) è stato sottoposto ai docenti. Interessante è la domanda 16: scuola media selettiva o non selettiva? Risposte. Dovrebbe essere moderatamente selettiva e ricorrere anche a bocciature: 59%; dev’essere non selettiva: 29%; gli allievi che non raggiungono il livello di competenze richiesto dovrebbero ripetere l’anno: 9%.

Alla domanda 10) si indaga il livello (complessivo) di preparazione nelle varie materie. Cambia la materia, ma la qualifica “ottimo” ottiene invariabilmente lo 0%. Invece per la qualifica “buono”: Lettura e scrittura: 12%, assai basso, preoccupante; Matematica: 29%; Cultura umanistica: 14%; Cultura scientifica: 32%; Lingue straniere: 19%. Trionfa il “discreto” con percentuali che vanno dal 36% al 51%. La situazione non è brillante. Certo, quando nel test Pisa appaiono i modesti risultati in “Lettura e scrittura” (lingua madre) i docenti di italiano rumoreggiano, chiedendo a gran voce “più ore”. Chi scrive resta perplesso e pensa che, tutto sommato, visti i risultati, sarebbe forse il caso di concedere “meno ore”…

Il problema del liceo, nel quale ho insegnato per più di trent’anni, è che troppi allievi lo “scelgono” (le virgolette sono d’obbligo)… “perché non c’è altra possibilità”, ciò che è manifestamente falso. Sarebbe corretto dire che “psicologicamente essi non vedono un’altra possibilità” e questo si applica ancor più ai loro genitori. Nella presente situazione – che evidenzia problemi gravi soprattutto nel primo biennio liceale – i professori sanno che è arduo mantenere un livello accettabile. “Non posso mica bocciarli tutti!” mi confidava agitato un collega.

La scuola media unica tende a convogliare verso il liceo masse sempre più grandi di ragazzi. E lo “sbarramento” – tanto deprecato, temuto e mitizzato – eretto dalle condizioni di accesso (media del 4,65 eccetera) si rivela illusorio, un’autentica “tigre di carta” per indulgere al colorito linguaggio maoista, perché il voto di una scuola non selettiva diviene, anche senza alcuna particolare malizia, compiacente.

Scrive l’on. Francesca Bordoni Brooks in suo recente articolo pubblicato sul Corriere del Ticino: “Sarebbe un successo della società tutta se si riuscisse ad accettare il seguente semplice assunto: ritenere gli studi accademici (liceo) e gli studi professionali (vocazionali) equiparabili e degni dello stesso rispetto. Quanto stress in meno, che risparmio per i genitori, le casse cantonali e le casse di disoccupazione”. Parole sante! Ma meta (ahimè) irraggiungibile in pratica.

Bordoni Brooks propone che la scuola media si suddivida in due percorsi distinti: uno che porti al liceo e uno che porti alle scuole professionali. Apriti Cielo. Questa proposta segnerebbe la fine formale della media unica e non può non suonare eresia alle orecchie demo-egualitarie. Il Ginnasio risorgerebbe dalle sue ceneri semplicemente cambiando nome! La scuola ritornerebbe a essere classista e ad avvantaggiare i figli dei ricchi.

Per concludere questo breve articolo: che fare? Il perentorio “Indietro non si torna!” di un uomo che governò la nostra scuola in tempi più calamitosi degli attuali risuona ancora nelle nostre orecchie. Ciò che si è fatto – con entusiasmo, con desiderio di progresso e non senza illusione – non si può facilmente disfare. La politica è l’arte del compromesso (definizione poco brillante di una realtà poco brillante). Lasciamo da parte le guerre di religione e applichiamo, se non altro, i correttivi necessari.

Pubblicato su Opinione Liberale dell’11 maggio 2012