Il prossimo 17 giugno saremo chiamati alle urne per decidere sull’iniziativa “Accordi internazionali, decida il popolo”. Il testo in votazione è complesso e apparentemente macchinoso, tuttavia il suo significato è molto chiaro. Gli accordi internazionali importanti devono essere sottoposti al giudizio popolare.

Una proposta che dovrebbe rasentare la banalità. Si fatica quasi a comprendere come la si possa avversare. Tanto per citare un esempio: gli accordi bilaterali mostrano in tutta evidenza quali pesanti, pesantissime conseguenza possano portare con sé dei trattati internazionali. Com’è allora possibile che un popolo, ed in particolare uno che dovrebbe essere “sovrano” come è il caso di quello svizzero, non sia chiamato a dire la sua? A seguito del dilagare dei trattati internazionali si sconfina così nel paradosso di un popolo sovrano a cui però viene sottratta la sovranità su questioni fondamentali e gravide di conseguenze.

Questa deriva, proprio a seguito del proliferare numerico e dell’aumento del “peso” dei trattati internazionali, deve venire fermata. La posta in gioco è fondamentale. Si tratta, nientemeno, che della possibilità di decidere sul nostro futuro. Ricordiamo che – tanto per fare un esempio – sull’allargamento ad est degli accordi bilaterali si poté votare solo su referendum. Ma su trattati del genere, la chiamata alle urne non dovrebbe essere obbligatoria? E’ accettabile nascondersi dietro la foglia di fico della possibilità di lanciare un referendum, operazione alla portata solo dei maggiori partiti politici?

In questi mesi sono in discussione trattati fiscali con pesanti conseguenze sul segreto bancario e, quindi, sulla piazza finanziaria. E’ in gioco il futuro di decine di migliaia di posti di lavoro. Non solo. In generale, i trattati internazionali ipotecano la nostra neutralità e la nostra sovranità. Come pure il nostro mercato del lavoro e la nostra sicurezza.
Su oggetti di tale importanza, e con tali implicazioni, la chiamata alle urne non dovrebbe essere cosa scontata ed automatica?

La nostra democrazia diretta è una specificità elvetica che va protetta e potenziata. Il voto popolare ci ha salvato dall’adesione all’Unione europea. Una strada che però certa classe politica insiste nel non voler abbandonare. La tendenza a mettere progressivamente fuori gioco la democrazia spostando le decisioni sulla scala internazionale è pericolosa e perniciosa. Equivale a spostare sempre più il potere dal popolo ad enti sovranazionali privi di qualsiasi legittimazione democratica. Traduzione: comandano burocrati che nessuno ha eletto. A meno che i contrari all’iniziativa “Accordi internazionali, decida il popolo” ritengano che sia questa la via del futuro. Che la democrazia abbia fatto il suo tempo e che le forme decisionali d’ora in poi debbano essere altre. Che il popolo elvetico è sì sovrano, ma solo su questioni di poco conto. Su quelle importanti, è meglio che non decida. Se così è, i fautori di simili tesi abbiano il coraggio di uscire allo scoperto.

La realtà è che la sovranità popolare, come pure la nostra indipendenza e la nostra neutralità, vengono smantellate con la tattica del salame: una fetta alla volta. Votando sì all’iniziativa “Accordi internazionali, decida il popolo”, si mettono i bastoni tra le ruote a questo andazzo. Un’occasione da non perdere!

Lorenzo Quadri
Consigliere nazionale
Lega dei Ticinesi