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L’Azione per una Svizzera neutrale e indipendente (ASNI) propone – tramite l’iniziativa popolare “accordi internazionali: decida il Popolo!” – di introdurre il referendum obbligatorio per tutti i trattati internazionali definiti “importanti”.

Una proposta di primo acchito logica e semplice, che mira a rafforzare la democrazia diretta e i diritti popolari, ma che nella realtà produrrebbe l’esatto opposto.

L’iniziativa è inutile e dannosa per la Svizzera. La partecipazione e la legittimazione popolare dei trattati di politica estera è oggi garantita e il Popolo, tramite referendum facoltativo (50 firme o 8 Cantoni), ha la facoltà di contestare le scelte governative e parlamentari.
Inoltre, in caso di adesione a organizzazioni sovrannazionali come l’Unione Europea o a organizzazioni di sicurezza collettiva, come la NATO, è previsto un referendum obbligatorio che necessita la maggioranza del Popolo e dei Cantoni. Scelgono di conseguenza cittadine e cittadini quando un oggetto è importante o contestato tanto da richiedere un voto.
La decisione non è esclusivamente nelle mani del Parlamento come avverrebbe in caso di accettazione dell’iniziativa.

La Svizzera sottoscrive annualmente circa 500 trattati internazionali. Un gran numero di questi è settoriale, tecnico e amministrativo e viene sottoscritto direttamente dall’amministrazione e dal Consiglio federale.
Il Parlamento tratta invece tra i 20 e i 40 trattati, di cui oltre la metà prevede la possibilità di referendum.
Il fatto che il Popolo svizzero non voti su tutti e 500 gli accordi non rappresenta un manco di democrazia o una delegittimazione della politica estera Svizzera. L’odierno sistema è efficace, consolidato ed equilibrato.
Volgendo lo sguardo al passato scopriamo che negli ultimi 90 anni è stato invocato il referendum facoltativo in 10 occasioni sui 257 trattati referendabili.
Una raccolta di firme non è riuscita, 7 trattati sono stati confermati positivamente dal Popolo e 2 sono stati respinti. Cittadine e cittadini hanno dunque votato nelle occasioni ritenute controverse e non in tutte quelle ritenute “importanti” dal Parlamento.
Proprio il concetto “importante” rileva un ulteriore difetto dell’iniziativa poiché estremamente difficile da definire in termini oggettivi e giuridici. L’accordo per l’imposizione dei frontalieri è ad esempio molto importante per il Ticino, mentre a livello nazionale non risulta certamente fondamentale per il Paese.
Gli iniziativisti sostengono che si potrà regolare il significato, ma appare sin d’ora evidente che ogni decisione sarà presa dal Parlamento, rendendo il sistema meno democratico rispetto all’odierno. Il voto automatico e generalizzato porterebbe al voto tutti i trattati, anche quelli tecnici, settoriali e non contestati.
La conseguenza sarà un crescente e disorientante numero di oggetti su cui votare, con relativi costi importanti per la Confederazione, i Cantoni e i Comuni. Il livello di democrazia di un Paese non si misura in base al numero di oggetti in votazione ogni anno; votare su tutto non rede il sistema migliore. Lo strumento del referendum facoltativo permette invece alle cittadine e ai cittadini di scegliere, contestando, rispettivamente legittimando, i trattati controversi.

Marco Romano, consigliere nazionale e segretario cantonale PPD