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Per salvare almeno il salvabile nel paiolo dove bollono i resti di una sinistra sbiadita, il cui spessore non è molto diverso da quello di un foglio di giornale, butto là un’idea che potrebbe dare una scossa alla sua perenne fase di transizione, rendere intrigante la propria immagine e forse stuzzicare molti ”compagni” a mettere mano al portafoglio.

“La sinistra esiste solo sulla carta” sarebbe il leitmotiv dell’operazione, simpatico e scanzonato al punto giusto che magari indurrebbe a “tirass insema” i tanti che da tempo confondono il mojito con la camomilla.
Finalmente si avrebbe il coraggio di dire che occorre ricominciare dalle parole, dal loro vero significato; come dirle e farle assimilare nella maniera giusta da coloro che sentono che c’è molto che non va ma non osano immolarsi per poi ritrovarsi buggerati.

Sarebbe l’ammissione, responsabile e strategica, che negli ultimi trenta anni non c’è stata opposizione ferma ai progetti innovativi di ristrutturazione aziendale e finanziaria, che sul territorio la sinistra si è limitata a condividere con la chiesa e la croce rossa l’indicazione evangelica di dar da mangiare agli affamati e vestire gli ignudi, senza aggiungere una parola di suo, senza più parlare di classi sociali e dei loro conseguenti storici conflitti.

Sarebbe riconoscere che non solo non si è riusciti a cambiare le cose ma, con spocchiosa e irresponsabile determinazione, si è portato acqua al mulino di chi si voleva ostacolare prosciugando i rigagnoli di
possibili resistenze popolari.
Nessuno pretendeva una sinistra di piombo, né di acciaio, ma ciò che da tempo siamo costretti a vedere e sentire è un vero e proprio “muro del pianto”.
Ben venga quindi una “risoluzione ironica” che rimetta il campanile al centro del paese, rendendolo meno cervellotico, più visibile e quindi anche più vulnerabile.

Mai avuto simpatie per il martirio ma chiedo a coloro che, in privato, continuano a fare le prove con la seggiola “rossa” da Consigliere di Stato: “Meglio essere presi di mira e magari soccombere o vivacchiare all’ombra di chi, nel territorio, non ha mai perso un secondo per riempirsi le tasche ?”
Concordo sul fatto che non sia la tonalità del colore che fa di un gatto un buon cacciatore di topi, ma da qui ad accontentarsi della quotidiana razione di “wiskas”, ce ne corre.

Insomma più didattica e meno petizioni che lasciano sempre il tempo che trovano prima di essere impallinate; meno televisione e più aria di strada, puzzolente ma vera, meno amicizie trasversali che veicolano solo aria fritta e più referenti attivi sul territorio. A qualcuno potrà sembrare roba da primo novecento; può darsi, ma il quotidiano, per chi deve sbarcare il lunario con il proprio lavoro, dice che è di nuovo tardo ottocento.

Carlo Curti, Lugano