To be, or not to be, that is the question:
Whether ‘tis nobler in the mind to suffer
The slings and arrows of outrageous fortune,
Or to take arms against a sea of troubles,
And by opposing end them (…)


“Essere o non essere, questo è il problema. / Se sia più nobile nella mente soffrire / colpi di fionda e dardi dell’oltraggiosa fortuna…” Se profondi e sconvolgenti erano i dubbi di Amleto (“C’è del marcio in Danimarca!”), non minori sono i patemi d’animo dei liberali-radicali luganesi, che vedono avvicinarsi a gran passi le elezioni comunali differite dell’aprile 2013, avendo di fronte una Lega galvanizzata, minacciosa, estremamente aggressiva e ampiamente vincente nel 2011.

Nei momenti politici di più alta intensità tutti vorrebbero apparire “à la une” e ogni partito è senz’altro importante: PPD, UDC, Verdi, PS, … Ciò non toglie che quella che per prima ho nominato sarà la competizione cruciale: PLR contro Lega.

I più pessimisti tra gli adepti del vecchio potere, che governa la Città da tempo immemorabile, sarebbero pronti – smarriti e sgomenti, e ancora prima di incominciare – a darsi per sconfitti. Ma ciò è ridicolo. Nessuno ha mai vinto una battaglia calando le brache e gettando le armi nel fosso. Sicuramente due cose positive possono essere dette in favore del minacciato PLR, e incominciamo da queste:
— Per valutare le chance nel 2013 non si possono basare i calcoli sui risultati cittadini (disastrosi) dell’elezione al Consiglio dî Stato 2011; intanto perché si tratta di una votazione con una dinamica profondamente diversa, poi perché
— questa volta la destra liberale masoniana (non da sottovalutare anche se difficile da quantificare dopo le dure e devastanti traversie) la sua candidata ce l’ha.

Lasciamo perdere (con tutto il dovuto rispetto) Bellinzona e Faido, perché l’elezione si farà a Lugano. Con una sezione che, sotto la guida del presidente Grandini, ha saputo influire in modo decisivo sulla procedura preliminare di scelta del nuovo presidente PLRT. Sulla “battaglia per Lugano” le banali vanterie di Gendotti non hanno convinto nessuno (con l’eccezione dei suoi intimi amici) e il partito ha avuto il buon senso di fermarsi a mezzo centimetro dal burrone. Sempre meglio che buttarsi di sotto.

La via della salvezza ceresiana per il PLR (improbabile sì, ma non del tutto impossibile) passa, a mio avviso, da un recupero del voto a destra, voto andato largamente disperso e perduto. Coloro che sono stati prima battuti, poi umiliati e scacciati, potrebbero – almeno in parte – tornare. Quel che è certo è che la baracca a Lugano non la può salvare Laura Sadis (che in ogni caso ha già il suo lavoro).

Veniamo ora alle persone, e sarà un discorso delicato. Partiamo da: è vero che se il Vecchio Leone, digrignando i denti e tenendo negli occhi il bene della patria, si ri-candiderà, Borradori rinuncerà a correre? È un punto importante, perché metterebbe nelle mani dei liberali-radicali un atout importante. Un leghista di rango che pranza talvolta al Sass Café (per me potenzialmente il numero uno del movimento) è di questa opinione. Ma io non sono convinto. Penso addirittura che la Lega dovrebbe decidere circa la partecipazione del Re degli Aperitivi autonomamente, senza farsi condizionare da ReGiorgio Sì / ReGiorgio No.

Si presentano varie configurazioni.

A) I tre uscenti PLR di ricandidano. Questa soluzione è detta “Cyrano” perché fu esposta al sottoscritto dalla punta di diamante dello schieramento “moralizzatore crociato” durante un simpatico spuntino estivo in quel ristorante del centro. Nulla di scandaloso, direi, ma – a mio avviso – psicologicamente improponibile. Non sarà questo “il nuovo che avanza”…
B) Giudici, gloriosa bandiera di mille battaglie, rimane sugli spalti del fortino assediato; Pelli lascia, Giovanna resta. Per il terzo posto (sempre ipotetico! ma… nil sine magno vita labore dedit mortalibus) possono correre Badaracco (primo subentrante nel 2008), Unternährer, Macchi, o forse anche altri.
C) ReGiorgio, stremato, lascia (onore a lui!), Erasmo e Giovanna rimangono. Qui bisogna dire che il vice sindaco, valido e coscienzioso politico, è sempre stato visto come “secondo” e la sua immagine ha per questo stesso motivo un impatto inferiore a quella del “capo”. Per il resto, come al punto B.
D) I due “veci” lasciano in simultanea perché in politica la gente reclama il nuovo. Giovanna Masoni Brenni rimane. Per i delfini in questa variante c’è più spazio ma le due poltrone (se due saranno) dovranno sudarsele. Per la sorella minore della giubilata Marina (che molti rimpiangono) si pone, soprattutto in quest’ultimo caso, l’obiettivo del sindacato. La prima donna alla testa della prima città del Cantone! Scusate, non è mica poco. È evidente che Giovanna – brava, seria, puntigliosa, colta – un pensiero alla massima carica glielo riserva, ed è bene così.

Il partito non mancherà, immagino, di offrire almeno un posto, tra i sette, ad un giovane, in nome di un rinnovamento che è necessario nella psicologia e nella sostanza. E qui si potrebbe avanzare un nome, senza per questo escludere altre valide proposte: quello del consigliere comunale Michele Bertini, brillantemente eletto nel 2008. 27 anni. Troppo pochi? Forse, ma sono esattamente gli anni del candidato alla presidenza del partito, Nicola Pini.


(segue)