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Lo scorso aprile l’Europa commemorava i 20 anni dell’assedio di Sarajevo. Più del 10% della popolazione cecena uccisa nel corso di due guerre consecutive, 200’000 morti nell’ex Jugoslavia tra il 1991 e il 1999…
Queste regioni oggi sono scomparse dai media a causa di un’attualità essenzialmente diplomatica e di una complessa situazione geopolitica, ma 20 anni fa cristallizzavano l’attenzione mediatica.
Cosa ne è, oggi, delle principali zone dei conflitti europei degli anni 1990?
Dal portale d’informazione Slate.fr.


Balcani : risoluzioni senza uguaglianza
Dopo una guerra d’indipendenza conclusa nel 1999, il Kosovo, ex provincia autonoma della Serbia, ha aspettato il 2008 per proclamare la sua indipendenza.
Riconosciuto come Stato indipendente dalla Svizzera, dagli Stati Uniti e da 22 Stati dell’Unione europea, ma non dalla Serbia, il Kosovo si compone da una popolazione a maggioranza albanese e una minoranza serba.
Questa minoranza rifiuta di aderire alle istituzioni, perchè partecipare significherebbe riconoscere l’indipendenza del Kosovo, sempre rifiutata. Un rifiuto confermato lo scorso febbraio, da un referendum (senza valore legale) organizzato dai Serbi del nord del paese.

La guerra di Bosnia
La guerra in Bosnia, dal 1992 al 1995, è stata uno dei conflitti che ha segnato la dissoluzione jugoslava.
La Bosnia si compone di due regioni : la Repubblica serbia di Bosnia e la Federazione di Bosnia Herzegovina. E’ popolata da musulmani bosniaci, da croati e da serbi.
Queste tre etnie si erano affrontate in una violenta guerra – quasi 200’000 i morti e 1.8 milioni gli sfollati – dopo il referendum per l’indipendenza e il riconoscimento da parte delle Nazioni Unite della Bosnia.
Oggi la Bosnia cerca – con poco successo – di aderire all’Unione europea e resta perlopiù paralizzata da scontri tra le varie comunità etniche.

Slovenia e Croazia
Sono le ex repubbliche jugoslave che meglio di tutte si sono riprese dalle sanguinose guerre degli anni 1990. La Slovenia fa parte dell’Unione europea dal 2004, mentre la Croazia diventerà il 28esimo stato dell’UE nel luglio 2013.
Dopo le rispettive guerre d’indipendenza (guerra di dieci giorni nel 1991 per la Slovenia e dal 1991 al 1995 per la Croazia), i due Stati si trovano opposti in un conflitto non militare attorno a una frontiera marittima.
La Slovenia dispone di un accesso al mare di 37 chilometri, il Golfo di Piran, che chiuso tra i mari di Italia e Croazia non permette un accesso diretto alle acque internazionale.
Il blocco croato ha causato diversi incidenti tra pescatori dei due paesi. Quale reazione a questa situazione, la Slovenia ha ritardato sino al 2010 l’entrata della Croazia nell’Unione europea, ponendo regolarmente il suo veto ai negoziati.

La Repubblica di Macedonia
I Balcani sono teatro di altri conflitti non armati di ordine diplomatico. E’ ad esempio il caso nel contenzioso che oppone la Repubblica di Macedonia alla Grecia.
Quando ancora faceva parte della Jugoslavia, la Repubblica di Macedonia già si chiamava Macedonia. Una denominazione non contestata dalla Grecia, perchè si trattava di una denominazione geografica e non di uno Stato sovrano. La situazione era cambiata nel 1991, quando la Macedonia era diventata indipendente.
In Grecia c’è una regione che si chiama Macedonia. Il paese rifiuta il legame con lo Stato slavo.
Queste tensioni hanno contribuito a ritardare l’entrata nelle Nazioni Unite della Repubblica di Macedonia.
L’entrata si è poi realizzata con un altro nome, accettato dalla Grecia, quello di ARYM (Ex Repubblica jugoslava di Macedonia).
Per questo stesso problema, la Repubblica di Macedonia non riesce a completare il processo di adesione all’Unione europea. La sua candidatura all’UE risale al 2004.

Il Caucaso
La sicurezza sarà una delle priorità degli organizzatori del Giochi olimpici invernali del 2014, che si terranno a Sotchi, nel Caucaso russo.
Il Caucaso russo si compone di un versante nord, con repubbliche che appartengono alla Federazione di Russia (Daghestan, Cecenia, Inguscezia, Ossezia del Nord, …) e di un versante sud, con le sue tre repubbliche indipendenti (Armenia, Georgia, Azerbaidjan).
In Cecenia, due guerre tra il 1994 e il 1996 e tra il 1999 e il 2000 hanno opposto gli indipendentisti alle forze russe. Le operazioni antiterroristiche russe nel Caucaso sono ufficialmente terminate nel 2009 ma le autorità continuano a combattere contro l’insurrezione islamista.
Ribelli presunti e poliziotti si affrontano regolarmente. All’ordine del giorno vi sono omicidi politici e mafiosi. La Cecenia resta più che mai divisa fra clan che si affrontano in continui regolamenti di conti.
Dopo la prima guerra di Cecenia, la ribellione indipendentista si è considerevolmente islamizzata e estesa oltre le frontiere a tutto il Caucaso del nord, soprattutto nel Daghestan, che oggi è una delle regioni più violente della Federazione di Russia.