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La guerra civile in Siria è ben più complessa di quanto si pensi. Non è solo un movimento democratico contro un dittatore. Va oltre una guerra civile tra opposizione e regime.
Si tratta di un conflitto regionale che dilaga nei paesi vicini, un teatro di guerra dove le potenze regionali tentano di imporre la loro influenza e difendere interessi geostrategici e economici
.

Un’analisi dal portale d’informazione The Huffington Post.

“In seguito ai massacri perpetrati, il regime di Damasco ha perso ogni legittimità e non può restare al potere.
Tuttavia, la crisi è talmente profonda che nemmeno la partenza del presidente Bachar al Assad fermerà l’ascesa dell’islamismo radicale né l’infiltrazione di al Qaeda, causata dall’erosione dello Stato.
La partenza di al Assad non fermerà nemmeno il bagno di sangue causato dalla guerra civile, che principalmente è alimentata da Qatar, Arabia Saudita e Turchia da una parte e da Iran, Russia e alcuni gruppi iracheni sciiti dall’altra parte.

Da un punto di vista realista esistono tre principali strategie : l’isolamento dell’Iran, il mantenimento dell’alleanza strategica e economica con alleati arabi come il Qatar e l’assicurare i bisogni energetici di gas verso l’Europa.

Isolamento dell’Iran
L’Iran può essere isolato a causa del suo programma nucleare. La caduta di un alleato strategico per Teheran come Bachar al Assad sarebbe un colpo duro per l’Iran nel braccio di ferro che l’oppone all’Occidente. In effetti, l’alleanza strategica con Damasco permette all’Iran di conservare l’asse di resistenza sciita Iraq-Siria-Hezbollah libanese.
Questi partner permettono a Teheran di contrastare l’isolamento inflitto dalle sanzioni europee e americane, di conservare degli atout nei negoziati sul nucleare e di contrastare le minacce di attacchi israeliani.
In questa ottica la caduta di al Assad a favore di un potere che accetti di isolare l’Iran è nell’interesse dell’Occidente e di Arabia Saudita, Qatar e Emirati arabi uniti.

Mantenimento dell’alleanza strategica e economica con gli alleati del Golfo Persico
Potenza economica, in Francia il Qatar investe miliardi nell’immobiliare di lusso, nel capitale di società del CAC 40, nell’acquisto di squadre sportive, nei media e in progetti nelle banlieues parigine.
In Germania il Qatar detiene il 17% del capitale di Volkswagen, 10% di Porsche, 9% del gigante della costruzione Hochtief, il 3% di Siemens.
Gli investimenti in Gran Bretagna sono anche più importanti. Con il 20% di parti del London Stock Exchange, il Qatar è il principale azionista di Barclays. Ha investito massicciamente nei giochi olimpici di Londra, ha finanziato al 95% il palazzo più alto della capitale (il Shard) e fornisce alla Gran Bretagna il 95,5% di gas naturale liquefatto (GNL).
Il Qatar sa mettere in avanti la sua visione a lungo termine influenzando i paesi europei in preda alla crisi per adottare una linea dura contro Bachar al Assad.

Geopolitica del gas
L’Europa ha bisogni energetici importanti. La fornitura all’Europa del gas del Qatar rappresenta uno dei molteplici fattori geostrategici della crisi siriana.
Qatar e Iran condividono i più vasti giacimenti di gas al mondo, il South Pars per l’Iran e il North Dome per il Qatar.
Fra i due paesi vi sono tensioni perché l’Iran non riesce a sfruttare questa importante risorsa alla stessa maniera del Qatar, principalmente a causa delle sanzioni e vede di cattivo occhio che il Qatar svuoti a suo esclusivo profitto il bacino comune.
Iran, Iraq e Siria hanno firmato un accordo per la costruzione di un gasdotto che dovrebbe portare il gas dal Golfo Persico sino al Mediterraneo e dunque alimentare l’Europa.
Il gas del Qatar passa dallo stretto di Ormuz e dunque dipende dall’Iran. L’emirato aveva proposto di costruire un gasdotto che passasse dall’Arabia saudita, dalla Giordania e dalla Siria.
Progetto respinto da Bachar al Assad, che aveva preferito firmare un accordo con il suo alleato iraniano e soprattutto aveva voluto mantenere gli scambi energetici sul lungo termine con la Russia.
L’Europa, che dipende molto dal gigante russo del gas Gazprom, ha interesse nel vedere un potere sunnita che potrebbe proteggere un gasdotto Qatar-Arabia Saudita-Giordania-Siria, per diversificare le sue fonti e diminuire i costi dell’approvvigionamento.
Questa via permetterebbe all’Europa di isolare ancor più l’Iran, impedendogli di rifornirsi attraverso un “gasdotto sciita” Iran-Iraq-Siria.
Il punto centrale è dunque la Siria e il Qatar, l’Arabia saudita e la Turchia sono pronti ad alimentare il conflitto armato affinchè al Assad lasci il potere.

Mentre i diplomatici delle Nazioni Unite cercano una soluzione diplomatica fondata su una transizione politica in Siria, gli interessi geostrategici cambiano la visione degli attori politici che basano la loro retorica su una pace che dipende dalla partenza del presidente siriano Bachar al Assad.”