Il prof. Emmanuel Toniutti, docente universitario operante in un contesto internazionale, autore di “L’urgenza etica” e presidente dell’IECG, International Ethics International Group, vive a Lugano da 6 anni. Il 20 settembre scorso egli ha tenuto una conferenza ai soci del Lions Club Lugano, trattando il problema dell’etica nel mondo degli affari e suscitando vivo interesse.

Un’intervista di Francesco De Maria.

Francesco De Maria Come mai bisogna insegnare a un dirigente d’azienda come comportarsi bene, correttamente, eticamente? Non dovrebbe saperlo già da solo?

Emmanuel Toniutti Il mio dominio di competenza consiste nell’ “allenare” (non si tratta primariamente di insegnar loro qualcosa) i dirigenti a comportarsi coerentemente con i valori umani ai quali essi credono personalmente e nell’impresa. L’etica non si apprende al liceo, e nemmeno nelle grandi Scuole.

Dopo aver lavorato, in dieci anni, con più di 5000 dirigenti di tutto il mondo, posso affermare che l’etica di coloro che sono chiamati a decidere proviene, in massima parte, dai valori che sono stati loro tramessi dai genitori e, talvolta, da certe grandi Scuole per le quali l’uomo è posto al centro delle preoccupazioni dell’impresa.

Quali sono i fondamenti teorici del suo insegnamento? E come la sua teoria riesce a diventare prassi?
ET La mia formazione di teologo e filosofo mi ha condotto a proporre un metodo che distingue teoricamente la morale dall’etica, senza per questo contrapporle. La morale consta dei valori, delle regole e delle norme che l’impresa si dà. L’etica è la messa in pratica del quadro di riferimento nel modo di decidere e di agire. Essa è una presa di coscienza della responsabilità di colui che decide. Il dirigente deve poter continuamente misurare, nell’esercizio delle sue funzioni, l’impatto e le conseguenze delle sue decisioni sulle varie parti in causa, aventi relazione con la situazione che egli deve trattare.

Al di là dei concetti teorici chiave che noi sviluppiamo con i nostri clienti io propongo un metodo molto pragmatico. Esso consiste nell’esercitare i dirigenti a prendere decisioni responsabili a partire dallo studio e dall’analisi di casi reali con i quali si trovano confrontati. Noi lavoriamo sulle emozioni negative e positive che essi provano. Io li aiuto a diagnosticare la realtà dei fatti della situazione nella quale si trovano, permettendo di prendere una decisione coerente con i valori e la strategia della loro impresa. Questa dinamica può svilupparsi in direzione del coaching (faccia a faccia individuale) o della costituzione della squadra dirigenziale.

Nel suo libro “L’urgenza etica” si leggono più volte le parole “Dio” e “teologia”. Noi tutti conosciamo i Dieci Comandamenti. Ma… esiste una parola di Dio specifica per l’imprenditore o per il direttore generale?
ET Quando ci è dato di dirigere un’impresa, non dobbiamo dimenticare che la sua missione fondamentale consiste nel servire le parti in causa che contribuiscono alla sua sopravvivenza : in primo luogo i clienti. Questi sono una parte dell’umanità che noi abbiamo il compito di servire. Se veramente esiste una « parola di Dio » specificamente riservata ai dirigenti, io la formulerei così : noi veniamo tutti da una stessa radice, siamo fratelli nell’umanità e siamo con-solidali tutti insieme. Ci sono gli azionisti, i quali investono aspettandosi un guadagno ; i clienti, che hanno la possibilità di acquistare un prodotto del quale abbisognano ; gli impiegano, che producono e ricevono un stipendio in cambio del loro lavoro ; i fornitori, che aiutano l’impresa a servire i clienti nel modo migliore. Tutti sono solidali nell’umanità, gli uni non possono esistere senza gli altri. C’è la tendenza a dimenticare questa solidarietà di fatto.

Nel suo libro non c’è solo Dio, ci si trova anche il Diavolo. E ha un nome preciso: “ultraliberalismo”. Ora, se il liberalismo è (noi lo crediamo) un bene…
ET L’ultraliberalismo ha tradito il pensiero liberale. Non ha conservato che la prima parte della frase che Adam Smith utilizza per giustificare l’idea del liberalismo : « Esiste una mano invisibile che regola naturalmente il mercato ». Ma la frase originale del padre dell’economia liberale continua : « … se il comportamento di coloro che decidono è virtuoso ». La differenza è enorme : per Adam Smith la morale comanda all’economia. Nell’ultraliberalismo accade l’esatto contrario. La sua ideologia consiste nel guadagnare il massimo in un tempo minimo, disprezzando la virtù. Sì, l’ultraliberalismo è il diavolo, il non essere.

Si legge nel suo libro: “Gli Americani pensano che l’uomo sia per sua stessa natura egoista”. Allora ci sarà qualcuno, qualche popolo, qualche cultura… che non la pensa così.
ET Ci sono due scuole filosofiche. Una che crede che l’uomo sia malvagio per natura (Thomas Hobbes), l’altra che crede che l’uomo sia buono per natura (Jean-Jacques Rousseau). Io penso che l’uomo sia buono e cattivo per natura.

Nella sua teoria compaiono 4 problemi (potremmo chiamarli: 4 “negatività”, e sono classicamente: il denaro, il potere, la gelosia, l’egocentrismo) e ben 9 paure. In mezzo a tante insidie… come può salvarsi il povero CEO?
ET I quattro sono parassiti del comportamento che si compaiono in situazione di stress. Il dirigente può senz’altro evitarli se si esercita prima di una situazione di crisi e prima dei cambiamenti che causano uno stress anomalo. Coloro che hanno il compito di decidere non si prendono abbastanza tempo per « lavorare » su se stessi ed imparare ad accettare le emozioni negative che li assalgono nei grandi momenti di pressione. La chiave di tutto è l’esercizio : più il dirigente sarà preparato a gestire i casi difficili più egli affermerà una leadership responsabile che sappia conciliare la performance economica con la riuscita della sua impresa sul piano umano.

Uno degli esempi più clamorosi di “immoralità negli affari” apparve in tutta la sua evidenza nel 2008 in America, con il drammatico fallimento della Lehman Brothers e la violenta crisi finanziaria che si scatenò. Quel mondo, in sostanza, si reggeva sull’idea (perversa, direi) che il denaro possa “creare se stesso”, senza più corrispondere ai beni reali sui quali si fonda la vita degli uomini. Quei “banchieri dell’avidità e del disastro”, se avessero studiato l’etica, ad esempio con il professor Toniutti, avrebbero saputo comportarsi meglio?
ET Queste persone, ossessionate dal pensiero del guadagno, si sarebbero dovute preoccupare non solo di se stesse ma anche del prossimo. La crisi dell’anno 2008 mette in evidenza due elementi fondamentali. Per incominciare, la mano invisibile non regola naturalmente il mercato. George W. Bush, fervido propugnatore di questa ideologia, ha dovuto far votare con urgenza un piano di salvataggio del valore di 700 miliardi di dollari per soccorrere l’economia del paese. In questo modo egli ha legittimato l’intervento dello stato in un sistema che – teoricamente – si oppone con fermezza a una simile intrusione.

In secondo luogo, l’individualismo non porta naturalmente al benessere collettivo. Dunque Adam Smith, almeno su un punto, ha torto. Il benessere della società tutta intera non può dipendere unicamente dal benessere dell’individuo. Bisogna saper coniugare l’individuale con il collettivo.
Nel mondo delle imprese i valori hanno la funzione di inibire i comportamenti nocivi alla performance collettiva. La mia stessa esperienza con i clienti, molto ampia, mostra che è possibile assistere i dirigenti e i manager in modo tale che siano condotti a prendere decisioni responsabili. Ma, affinché ciò si verifichi, bisogna credere nei valori e prepararsi a renderli operativi, soprattutto quando le cose vanno male, quando il mercato è in crisi.

Ci sono molti professori, nell’ambito universitario internazionale, che trattano i suoi stessi temi? Può farci qualche nome?
ET Uno dei professori che ha trattato più profondamente questo tema centrale della leadership è Jim Collins dell’università di Oxford. È uno degli autori più avanzati sul piano teorico. Le raccomando la lettura del suo libro « Built to last », è un testo illuminante.

Lei ha fondato l’International Ethics Consulting Group, e tuttora lo presiede. Ci dica che cos’è l’IECG e com’è strutturato.
ET L’International Ethics Consulting Group è una società di diritto svizzero creata nel 2005. La sua missione è quella di assistere gli amministratori, i dirigenti e i leader nel compito di definire e mettere in pratica modelli di leadership coerenti con i valori e la strategia dell’impresa. La nostra attività di « consulting » consiste nell’aiutare le imprese a definire la loro visione, la loro missione, i loro valori e le ambizioni strategiche. La nostra attività di « training » consiste nell’esercitare i dirigenti (team building) a gestire e, meglio, anticipare le crisi, prendendo decisioni coerenti con i valori e la strategia dell’impresa. A questo scopo noi utilizziamo il metodo del workshop. La nostra attività di « coaching » consiste infine nell’aiutare i dirigenti, lavorando faccia a faccia, a identificare il loro comportamento sotto stress, affinché la decisioni che devono prendere non siano influenzate da problemi di carattere personale.

Per quanto riguarda la geografia, noi operiamo in Svizzera, in Europa, in Canadà, in Cina e nel Maghreb.

Il suo metodo di formazione dei dirigenti è fondato sul workshop. Come funziona in pratica un workshop?
ET Un atelier di riflessione e di lavoro (per l’appunto il workshop) incomincia sempre dalla comprensione di ciò che significa « Come mettere in pratica una leadership etica e responsabile ? » oppure « Come divenire un miglior leader etico e responsabile ? » In questo modo noi costruiamo l’approccio teorico interrogando gli amministratori e i dirigenti presenti, nel dialogo, nel rispetto e nulla capacità di ascoltare. Dopo avere ben chiarito il significato teorico delle parole che usiamo, noi studiamo e analizziamo un caso reale con il quale hanno a che fare gli executive che noi seguiamo. Lo studio di un caso reale serve a prendere le distanze necessarie affInché sussista la certezza che i dirigenti assumano una decisione e adottino un piano d’azione coerenti con i valori e la strategia dell’impresa.

Lei per lavoro viaggia molto. Ci parli delle diverse realtà accademiche che incontra in America, in Africa, in Asia.
ET La grande differenza culturale che separa queste regioni geografiche è il modo di decidere. In Canadà, nell’Europa del nord e centrale, i dirigenti tendono a decidere rapidamente. Nell’Europa occidentale e meridionale, decidono più lentamente, la ricerca del consenso è fondamentale. Ma tutti condividono un elemento comune, tendono a sviluppare la strategia dell’ “O”: vedono la vita in bianco “o” nero.

L’Africa e la Cina, anche se hanno culture difficilmente comparabili, tendono a sviluppare strategie dell’ “E”, vedono la vita in bianco “e” nero. Anche la nozione del tempo non è la stessa. In queste ultime culture i dirigenti si prendono il tempo necessario per decidere e reagire. In ogni caso il “training” è necessario in tutte queste culture poiché le reazioni in situazione di stress non sono mai naturali.

Quando lei si presenta a un alto dirigente per proporre un “coaching” dell’IECG, con quale probabilità si attende una risposta positiva? E quali sono le motivazioni di un eventuale no?
ET Se a una mia conferenza presenziano 200 dirigenti, il tasso di « ritorno operativo » si situa attorno all’1-2%. Le motivazioni di coloro che desiderano lavorare con l’IECG sono sempre le stesse : condivisione dei medesimi valori umani e una uguale volontà di metterli concretamente in opera, al servizio dello sviluppo economico e umano dell’impresa.

Da 6 anni lei vive a Lugano. L’IECG opera anche nella nostra Città?
ET Sì, e in ambiti diversi : banche, assicurazioni, servizi, municipio, imprese a carattere familiare.

Infine, lei pensa che un giorno – magari abbastanza lontano – le sue idee possano essere ampiamente accettate nel mondo?
ET Sì, è possibile. Bisogna essere realisti ma anche ottimisti. Questa è la tesi che io illustro nel mio libro « L’urgenza etica ». Ma bisogna credere nei più alti valori umani ; e bisogna credere che è possibile costruire il vantaggio competitivo di un’impresa sul fondamento di tali valori. In fondo l’entusiasmo che porta i valori è un modello di leadership invertita, nel quale il denaro non è che la conseguenza della relazione di umanità che noi intratteniamo con le parti in causa.

Le strutture educative e didattiche hanno una grande responsabilità nel formare i dirigenti di domani : noi raccogliamo oggi ciò che abbiamo seminato ieri. Dunque… raccoglieremo domani ciò che abbiamo seminato oggi.

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