Quello attuale è un periodo politico particolare. Infatti si avvicina la votazione popolare sull’iniziativa che vuole porre fine all’esercito di milizia elvetico. Ogni pretesto è dunque buono, per gli ambienti che caldeggiano tale proposta, per attaccare l’esercito di milizia e le sue peculiarità. Una di esse è l’arma d’ordinanza al domicilio. Una specificità che è stata peraltro confermata meno di due anni fa in votazione popolare. Ma dell’esito delle votazioni popolari, evidentemente, a chi vuole smantellare tutto ciò che è tipicamente elvetico per poterci meglio portare nell’UE (perché l’obiettivo è questo), importa poco o nulla.

A dare il là alla nuova offensiva contro le armi legalmente detenute ecco che arriva, proprio all’inizio dell’anno, il tragico fatto di cronaca. Ossia un pazzo alcolizzato che imbraccia un moschetto del 31 (che non è propriamente un FASS 90 ma fa lo stesso) provocando morti e feriti in un paesino vallesano. Giocando sull’emozionalità, contando sulle reazioni “di pancia”, si tenta di creare un nesso tra le armi dei cittadini onesti e gli atti di violenza. Ma questo nesso non esiste. La Svizzera è uno dei paesi dove ci sono più armi. Ciò a seguito, in particolare, proprio del non eurocompatibile – e quindi vituperato (dai soliti noti) – esercito di milizia. Ma il nostro è anche uno dei paesi con il più basso tasso di omicidi. In Gran Bretagna, malgrado il ritiro praticamente totale delle armi da fuoco in mano ai civili, il tasso di criminalità violenta è il peggiore d’Europa. Non è disarmando il cittadino che si ostacola la delinquenza. Semmai accade proprio il contrario: la criminalità si fa ancora più forte della propria posizione di monopolio sulle armi da fuoco, potendo partire dal presupposto di avere a che fare con bersagli indifesi.

Conducendo una battaglia ideologica contro le armi d’ordinanza al domicilio, ma anche quelle da caccia, sportive o da collezione, si cerca di lavarsi la coscienza davanti a tragedie, come quella vallesana, che hanno origini ben diverse. E’, questa, un’operazione populista: compiuta da parte di chi, un giorno sì e l’altro pure, contro il populismo punta ipocritamente il dito.
Chi vuole commettere un delitto non farà mai fatica a trovare gli strumenti necessari. Altrimenti per coerenza bisognerebbe, oltre alle armi d’ ordinanza, vietare tutti i coltelli (obbligatorie posate di plastica), martelli, cacciaviti, motoseghe, diserbanti e la lista potrebbe continuare all’infinito. Bisognerebbe inoltre proibire le automobili, dal momento che lo squilibrato di turno potrebbe benissimo usare la propria vettura per investire volontariamente un gruppo di persone. E che dire dei sassi su suolo pubblico, pericolosi corpi contundenti? E i cubi di porfido?

Dietro alla scelta deliberata, e confermata dalla votazione popolare di meno di due anni fa, di non disarmare i cittadini onesti, sta una precisa riflessione su valori di libertà e responsabilità: valori alla base del nostro essere svizzeri. Ed è significativo che, davanti al fatto di sangue vallesano, certa stampa targata UE abbia inveito nei confronti degli Svizzeri che si ostinano ad essere diversi dagli altri. A non volersi far omologare nel traballante calderone di Bruxelles.

Lorenzo Quadri
Consigliere nazionale
Lega dei Ticinesi