In questo ben argomentato articolo il Segretario dell’UDC cantonale segue la linea blocheriana, la quale si è imposta anche a livello federale. Com’è noto, tuttavia, le sezioni cantonali e – soprattutto – il “popolo UDC” sono divisi sull’iniziativa. (fdm)

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Eros Nicola Mellini con i suoi colleghi candidati al Municipio di Lugano


Perché l’uovo che è in ballo con l’iniziativa Minder non è comunque fecondato, non è destinato a diventare un pulcino né, tantomeno, la gallina del pur saggio adagio popolare. Al contrario quindi, il controprogetto elaborato dal Parlamento costituisce l’uovo oggi, mentre l’iniziativa Minder rappresenta lo stesso uovo, ma domani.

Il problema è che – tirandosi la classica zappa sui piedi – il Parlamento ha elaborato la revisione del diritto societario quale controprogetto indiretto, ossia non sottoposto a votazione (salvo nel poco probabile caso di un referendum). Il motivo sembra essere dovuto al fatto che iniziativa Minder e controprogetto agiscono su due livelli diversi – quello costituzionale l’iniziativa e quello legislativo il controprogetto – per cui non si poteva presentarlo quale progetto diretto, e quindi da votare direttamente in contrapposizione all’iniziativa.

Ciò che avrebbe costituito la soluzione più pulita e chiaramente comprensibile anche al popolo votante: si sarebbe potuto votare sì ad ambedue i progetti, con la solita crocetta preferenziale in caso di doppia accettazione. La gente avrebbe saputo chiaramente che l’obiettivo primario – quello di impedire in futuro le autoattribuzioni di remunerazioni vergognosamente esorbitanti di alcuni Paperoni – sarebbe stato raggiunto in ogni caso, e avrebbe quindi potuto votare senza patemi d’animo per la soluzione le cui differenze di secondaria importanza l’avessero convinta di più. Ma tant’è, il risultato è che per accettare un controprogetto che, tutto sommato, mira allo stesso bersaglio, bisogna dire NO a un’iniziativa che piace anzi, si condivide.

Il che presuppone che, accanto a ragionevolezza e buonsenso, ci sia una certa dose di fiducia da parte dei cittadini in un governo e in un parlamento che, negli ultimi decenni, hanno fatto di tutto per perderla. In forte misura con una politica estera totalmente contraria ai sentimenti della gente (vedi rapporti con UE e USA improntati sul sistematico calo di braghe), ma anche su un palese disprezzo della volontà popolare espressa nell’urna come nel caso dell’iniziativa sui minareti o di quella sull’espulsione dei criminali stranieri.

Tutto ciò non fa che accrescere un sentimento di sospetto: perché ci hanno messo cinque anni a elaborare la revisione del diritto societario? Perché non la mettono in votazione assieme all’iniziativa? Perché prima l’UDC appoggiava l’iniziativa Minder e adesso la combatte? La risposta di un immaginario collettivo, a giusta ragione sospettoso: “Ci saranno dietro le stesse lobbies dell’economia che si elargivano i salari e i bonus esorbitanti, anche quando non avevano provocato che danni”.

In realtà, le risposte sono un po’ diverse: è indubbio che nei corridoi di palazzo federale abbiano il loro influsso le lobbies economiche, ma esattamente come quelle sindacali, ecologiche e dell’industria della socialità. E indubbiamente parecchi parlamentari legati a queste lobbies facevano melina ritardando l’elaborazione della revisione di legge. E qui sta il grande merito dell’iniziativa Minder e perché l’UDC l’ha appoggiata a suo tempo: ha dato uno scossone alle camere, obbligando i parlamentari a terminare il lavoro legislativo includendo nella legge parecchie richieste dell’iniziativa e il suo obiettivo primario, ossia l’impedimento di salari e bonus vergognosi.

Giunti a questo punto, sarebbe stato logico il ritiro dell’iniziativa subordinato all’entrata in vigore del nuovo diritto societario, ma Minder non ha voluto. Non ha osato, secondo quanto Blocher gli ha rinfacciato – senza peraltro una replica da parte dell’interessato – affrontare i rimproveri degli iniziativisti che non avrebbero capito le ragioni del ritiro. E per questo l’UDC oggi la combatte: perché ritiene lo scopo raggiunto con il controprogetto, che ha fra l’altro il merito di entrare immediatamente in vigore (salvo il termine di un comunque molto improbabile referendum), mentre con l’iniziativa, all’articolo costituzionale deve far seguito una legge d’attuazione che comunque sarà compito di quello stesso parlamento influenzato dalle lobbies che ha impiegato cinque anni per rivedere il diritto societario attuale.

È vero che Minder ha avuto l’accortezza di mettere una clausola nel testo, esigente che il Consiglio federale emani un’ordinanza d’applicazione transitoria al più tardi entro un anno dall’accettazione dell’iniziativa. Ma è anche vero che il testo dell’ordinanza lo elaborerà il Consiglio federale oggetto dello stesso sospetto e scetticismo, che non necessariamente rispetterà al dettaglio la volontà degli iniziativisti. Il che significa che fra reclami, ricorsi e dibattiti, il termine per l’applicazione potrà trascinarsi per un bel pezzo. Quindi l’iniziativa è l’uovo di domani. Chi vuole l’uovo oggi deve accettare il controprogetto. Anche se per farlo deve dire NO all’iniziativa.

Eros N. Mellini
Segretario cantonale UDC Ticino