La guerra monetaria è al centro delle discussioni e delle preoccupazioni delle istanze economiche e politiche della Zona euro. Cosa è la guerra monetaria? Chi sono i vincitori? Chi gli sconfitti?

La guerra delle monete, o guerra delle divise o guerra dei cambi è la battaglia che combattono i paesi del mondo intero per essere i più competitivi possibile, attraverso politiche economiche – soprattutto monetarie – che permettono di abbassare il livello della moneta nazionale rispetto alle altre monete. Una svalutazione competitiva.

Si parla di “guerra” dal settembre 2010, quando il ministro brasiliano delle Finanze, Guido Mantega, esasperato dal real brasiliano troppo forte e dunque pesante per l’economia del paese aveva parlato di guerra dei cambi. Seppur esagerato, il termine aveva subito avuto un successo mediatico internazionale.

E’ un conflitto internazionale che dura da secoli : l’arma della svalutazione competitiva è facile da usare, è benefica per chi avvia la guerra ma è anche un attacco all’economia di tutti gli altri paesi.
Il rischio peggiore è quando questi altri paesi rispondano alla svalutazione con una svalutazione. Il commercio mondiale perde il suo equilibrio e le sirene d’allarme dell’iper-inflazione suonano a pieno volume.
Avere una moneta debole rispetto alle altre è vantaggioso perché favorisce l’export. D’altro canto, le importazioni diventano più care, il che spinge le economie domestiche ad acquistare i prodotti nazionali.
Un paese che svaluta unilateralmente e fortemente la sua moneta, rinforza la propria economia rispetto all’impiego negli altri paesi. Questo crea disequilibrio nel commercio mondiale.
Se tutti i paesi procedessero a questa svalutazione (è qui che si può parlare di guerra monetaria) primo, questo annullerebbe gli effetti positivi della svalutazione e secondo, di una simile manovra rimarrebbero solo gli inconvenienti, ossia la massiccia creazione di moneta che porta al rialzo mondiale dei prezzi.
L’inflazione fuori controllo è diventata una fobia per l’intera economia : la Storia ha mostrato che l’iper-inflazione spinge alla rivolta sociale, ancor più della disoccupazione e spesso conduce alla guerra vera.

Taluni paesi mantengono artificialmente la propria moneta a un livello relativamente basso malgrado abbiano un’economia sana : Cina, Hong Kong, Singapore.
Nella lista di chi opera per non rinforzare troppo la moneta nazionale vi sono i paesi produttori di gas e petrolio come l’Arabia Saudita o la Russia.
In un altro registro la Svizzera, che non esita a intervenire sulla forza del franco per proteggere l’economia.
Nello stesso contesto di moneta troppo forte perché considerata “rifugio” c’è il Giappone, che di recente ha fatto precipitare il valore dello yen per far uscire l’economia del paese da 20 anni di stagnazione della crescita e di deflazione distruttrice.

Anche gli Stati Uniti manipolano il dollaro. Fanno in modo di mantenerlo relativamente debole, ma non troppo per non mettere in pericolo la sua supremazia, per sostenere la crescita.
Per questo la Federal Reserve inietta quantità astronomiche di liquidità sul mercato, i famosi quantitative easing, la stampa illimitata di moneta mantenendo tassi d’interesse vicini allo zero per sostenere l’economia.
Questo permette agli americani di vivere al di sopra delle loro reali possibilità, con deficit pubblici e un debito nazionale colossale. Una situazione pericolosa.

In questa guerra monetaria, la Zona euro adotta la tecnica del pacifismo. In realtà non ha scelta, perché la Banca centrale europea focalizza l’attenzione sui deficit pubblici, sul debito pubblico e sull’inflazione. Non ha alcun obiettivo di crescita economica.
Risultato : l’euro è piuttosto forte, soprattutto rispetto al dollaro (ci vogliono 1.35 dollari per avere un euro). Secondo gli analisti l’euro è sopravvalutato di almeno l’11.7%. Di che penalizzare l’economia della Zona euro, resa fragile da una crisi industriale e da misure di austerità per contenere le finanze pubbliche.

(Fonte : Le Figaro.fr)