La sua famiglia piange e prega


Oscar Pistorius, il famoso atleta paralimpico sudafricano, accusato di aver ucciso la bellissima fidanzata Reeva con quattro colpi di pistola, è – incredibilmente – libero su cauzione. Così ha deciso il giudice, che non ha esitato a dichiarare: “Non credo al pericolo di fuga di quest’uomo con le protesi. Inoltre non ci sono ancora tutti i pezzi del puzzle”. E ancora: “Devo prendere una decisione, sono in una posizione non invidiabile”. Il procuratore, sconfitto, la prende con garbata ironia e sorride alle telecamere. Pistorius è sull’orlo di un collasso emotivo; la sua famiglia, compatta, lo sostiene. All’annuncio del giudice gridano “Yes!” levando alte le braccia, questa vittoria vale più di una medaglia olimpica conquistata volando sulle protesi al carbonio. La vittima, la splendente Reeva Steenkamp, non sembra in questo momento una grossa priorità.

L’abile e agguerrita difesa del violento uccisore Pistorius ha vinto nel più classico dei modi: attaccando l’investigatore Botha, screditando i suoi metodi e la sua personalità. Proprio come fecero, brillantissimamente, i difensori del duplice assassino OJ Simpson, che misero le mani su un’intercettazione nella quale un poliziotto profferiva un epiteto razzista (forse nigger?). Gli avvocati lo trattarono così, davanti alla giuria: “L’agente Mark Fuhrman è un razzista, un pericoloso razzista. Lui è come Hitler, anzi lui è Hitler!” L’assoluzione non potè mancare e OJ Simpson fu libero.

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