L’FBI ha promesso di indagare “sino in capo al mondo” per trovare i responsabili dell’attentato che lunedì 15 aprile ha seminato morte e terrore alla maratona di Boston.

Le due bombe, scoppiate quasi allo stesso momento, sono l’atto terroristico più grave commesso negli Stati Uniti dopo l’11 settembre 2001. I morti sono tre, mentre i feriti almeno 180.
Al momento non è ancora giunta una rivendicazione e le autorità ammettono di non sapere se i responsabili siano un’organismo terrorista straniero o americano, se sia stata l’opera di un singolo individuo o di un gruppo di persone.
Nella notte fra lunedì e martedì, gli agenti federali hanno perquisito un appartamento alla periferia di Boston nel quale abita un giovane saudita, lui stesso presente alla maratona e rimasto ferito dalle esplosioni.
Interrogato al suo risveglio in ospedale, il giovane si è mostrato “molto cooperativo” e potrebbe essere presto scagionato da ogni sospetto.

Le possibilità dei sospettati e delle motivazioni sono molteplici. “Evidentemente dobbiamo considerare che si tratti del djihad islamista – ha commentato Peter King, deputato repubblicano di New York e specialista nelle questioni di sicurezza interna – ma può anche essere l’opera di americani oppositori al governo.”

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L’analisi dei resti delle bombe ha evidenziato l’esplosione di due pentole a pressione da 6 litri, riempite di esplosivo, chiodi, viti, biglie, ognuna dal peso di circa 20 chili.
La fabbricazione di questi ingegni esplosivi, considerata rudimentale, è di facile accesso su Internet.