La revisione della legge sull’asilo non contrasta i diritti umani, sostiene la Consigliera nazionale vodese Isabelle Moret, vice presidente del PLR svizzero, che chiede di respingere il referendum del prossimo 9 giugno.

Il Parlamento aveva deciso nel 2012 di modificare in tutta fretta la legge sull’asilo. Un inasprimento inaccettabile, denunciano una parte della sinistra e numerose associazioni, che hanno lanciato un referendum per bloccare queste modifiche – già entrate in vigore. Il popolo si esprimerà in votazione il 9 giugno.

Dal portale online del quotidiano romando Le Matin alcuni passaggi di un’intervista alla Consigliera nazionale vodese Isabelle Moret, vice presidente del PLR svizzero.

Le Matin – La revisione dell’asilo prevede di creare centri speciali per i richiedenti recalcitranti. Cosa è un recalcitrante?

Isabelle Moret – Questo termine non esiste nella legge, si tratta di richiedenti l’asilo che non rispettano la sicurezza e l’ordine pubblico. I centri per asilanti accolgono persone fragilizzate, perseguitate nei loro paesi d’origine. Queste persone possono essere confrontate a liti, persino picchiate da altri asilanti.
Chi compromette la sicurezza nei centri e all’esterno viene messo in un centro speciale gestito dalla Confederazione e dove vigono leggi più severe. Questo serve a proteggere i richiedenti e la popolazione che vive nei pressi dei centri di accoglienza.

(…) Nel 2011 vi è stato un massiccio aumento dei rifugiati in Svizzera : più del 45%. Molti venivano dalla primavera araba, cercavano un lavoro senza avere diritto alle misure d’asilo. Non era possibile offrire loro un lavoro a causa degli accordi bilaterali con l’Unione europea.
Ci siamo trovati incapaci di accogliere degnamente queste persone, a causa id una mancanza di posto nei centri. Un problema che andava sistemato al più presto. Diversi cantoni hanno annunciato di essere pronti ad accogliere un centro federale.

(…) Accelerando le procedure non si violano i diritti dell’uomo, al contrario. Sino ad oggi ci voleva più di un anno per una risposta positiva, mentre per una risposta negativa ci volevano oltre quattro anni. Non si può accogliere degnamente una persona perseguitata nel suo paese se deve aspettare quattro anni prima di sapere se potrà integrarsi qui o se i suoi figli potranno andare a scuola.
Non è accettabile che persone che soffrono si chiedano ogni giorno se verranno respinte. E’ disumano, i dossier vanno trattati rapidamente e le misure-test attuate da cantoni e Confederazione permetteranno di accorciare i termini. Se il 9 giugno voteremo no, queste misure-test termineranno in settembre e non si potrà accelerare le procedure.