Ignazio Cassis, candidato del PLR al Consiglio Nazionale si esprime in vista delle elezioni federali del 23 ottobre.

30 settembre 2011

Ticino Live: Oggi cosa deve fare per il Ticino un politico ticinese a Berna?

Ignazio Cassis: Sembra banale dirlo, ma a Berna devi soprattutto lavorare. Lavorare sodo, con dedizione, tenacia, serietà. Tu sei uno tra 246: tutti sono stati scelti tra quasi 8 milioni di svizzere e svizzeri. Dunque hai a che fare con persone motivate, ambiziose, capaci. Per valere qualcosa devi essere riconosciuto da loro, per cambiare qualcosa devi ottenere il loro appoggio, devi convincerli delle tue idee. A casa tua puoi anche essere il re, nel tuo Cantone il beniamino del popolo. Ma in Parlamento a Berna tutto ciò non serve: la sola cosa che conta è la tua capacità a trovare soluzioni intelligenti e a costruire maggioranze sulle stesse, affinché diventino legge. Contano i risultati!
E solo a quel punto il Ticino è rispettato e considerato. Il valore del Ticino altro non è che il valore dei suoi rappresentanti: la Deputazione alle Camere federali insieme con il Consiglio di Stato. E per noi ticinesi è più difficile, perché le armi non sono pari: siamo geograficamente distanti, dobbiamo duellare in tedesco e/o francese e lottare contro un diffuso senso di superiorità che alberga gli svizzero tedeschi e i romandi.

TL: E’ legittimo attendersi, come ticinesi, che il politico che siede a Berna difenda il Ticino a spada tratta? Oppure vanno considerate altre e più vaste dinamiche?

IC: Il Parlamento nazionale ha due camere: la Camera del popolo (Consiglio nazionale) e la Camera dei Cantoni (Consiglio degli Stati). Da quando nel 1848 è nata la Svizzera moderna, si è voluto che una Camera rappresentasse i Cantoni (46 membri) e l’altra il popolo svizzero (200 membri). Dunque i due Consiglieri agli Stati ticinesi hanno proprio l’incarico di rappresentare il Ticino a Berna: l’appartenenza partitica è secondaria. In Consiglio nazionale invece rappresentiamo maggiormente le diverse correnti di pensiero e di valori di tutto il popolo: il gioco partitico è quindi molto più importante, mentre l’appartenenza cantonale passa in secondo piano.

TL: Oggi il PLRT sembra morto. Cosa fare affinché resusciti?

IC: Il PLR è vittima del suo successo. In oltre 150 anni di storia ha modellato la Svizzera attorno ai valori liberali di operosità, libertà, responsabilità, discrezione, rispetto, solidarietà e giustizia. Questi valori ci hanno regalato pace e prosperità da talmente tanto tempo che ci pare sia così da sempre. Ma sbagliamo. La prosperità di cui godiamo oggi in Svizzera è il frutto del grande impegno di chi ci ha preceduto. Ma oggi pensiamo che star bene ci sia dovuto, anche senza impegno: siamo abituati. Lo Stato provvede.
Se altri hanno di più, è un’ingiustizia sociale. Reclamiamo allora l’intervento dello Stato, incuranti del fatto che le differenze di ricchezza possano anche riflettere la differenza d’impegno nella vita. E’ più facile brontolare, criticare e credere al Babbo Natale, che rimboccarsi le maniche. In questo clima culturale i valori d’impegno, operosità e razionalità del PLR non sono particolarmente sexy!
Il PLRT è però vittima del suo successo anche internamente. Negli ultimi decenni si è accontentato di gestire il raccolto degli anni precedenti, senza il coraggio di innovare e guardare al futuro. Come partito di maggioranza ha vissuto di rendita di posizione, gestendo certamente bene il Ticino, ma invecchiando inesorabilmente. Non ha avvertito il mutare dei tempi: un nuovo modo di comunicare, nuovi punti di riferimento. La sua classe dirigente – come in ogni organizzazione che detiene il potere – era tanto assorbita dalla gestione interna del potere, da non accorgersi che il vento girava.
Per risuscitare il PLR ci vuole dunque innovazione a 360 grandi: nuovi volti, più spigliatezza, un’organizzazione agile e una comunicazione moderna. I valori restano gli stessi ovviamente, ma vanno declinati e promossi nel giusto spirito del tempo. E’ un processo lungo e inesorabilmente lento, perché richiede un “cambiamento culturale” interno al partito.

TL: L’attuale situazione di crisi nel nostro paese rivela tragicamente il problema dei cartelli. E’ in grado di fare promesse in materia ai suoi elettori?

IC: Certamente: prometto agli elettori che continuerò a lottare con tutte le mie forze contro le intese cartellari che uccidono l’economia e impoveriscono il cittadino. Credo nella libertà economica, che permette ai produttori di agire in concorrenza tra loro. Lo Stato deve regolare il mercato con tatto e discrezione, sia per garantire ai cittadini certi servizi (come la sanità, il servizio postale, i trasporti), sia per verificare che il mercato funzioni correttamente, senza cartelli e senza gangster.
Viviamo un’epoca dove la parola “concorrenza” genera emozioni negative. Spesso sentiamo dire “non voglio fare concorrenza a”, quasi che far concorrenza fosse un reato. Ma accidenti: per ogni liberale la concorrenza è la miglior forma di collaborazione possibile! La concorrenza ci stimola a far meglio. Misurarci con gli altri, correre con gli altri (concorrenza = “correre con”) e il miglior modo per non addormentarci sugli allori!

TL: Trova giustificato che il Consiglio federale venga eletto dall’Assemblea federale e non dal popolo?

IC: Si e sono contrario all’elezione del Consiglio federale da parte del popolo. Significherebbe tradire lo spirito e la tradizione svizzera. La Svizzera non è una nazione centralistica: è uno Stato federale. Al centro ci sono i Cantoni. Berna può svolgere solo i compiti che popolo e Cantoni le affidano tramite la Costituzione federale. La regola è: tutto è di competenza dei Cantoni ad eccezione di ciò che essi hanno esplicitamente delegato alla Confederazione. L’esatto opposto di Francia, Italia, Inghilterra, ecc. dove lo Stato centrale detiene il potere. Ne consegue che se il Governo della Confederazione – il Consiglio federale – fosse eletto dal popolo, disporrebbe di un potere molto più grande di oggi. A mio giudizio sarebbe la fine del federalismo. Senza contare che le minoranze – come la nostra di lingua italiana – sarebbero definitivamente ignorate, ben più che oggi. E senza contare che i Consiglieri federali sarebbero costantemente in campagna elettorale, invece che lavorare con serenità ai loro difficili dossier.

TL: Quale posizione difenderà nella discussione attorno alla futura chiusura – per lavori di risanamento – della galleria autostradale del San Gottardo?

IC: Sono persuaso che sia giunto il tempo di costruire un secondo tunnel autostradale del San Gottardo. Ciò permetterebbe di risanare tranquillamente quello vecchio e, terminati i lavori, di far scorrere i veicoli su una sola corsia per tunnel. Eviteremmo l’isolamento del Ticino, aumenteremmo la sicurezza senza aumentarne il traffico, come deciso dai cittadini svizzeri con l’iniziativa delle Alpi. La differenza di prezzo tra la variante “chiusura” e la variante “secondo tunnel” è tutto sommato accettabile.

TL: Come deputato a Berna potrà promuovere e sensibilizzare il governo federale riguardo alla tematica “Italia”?

IC: Guardi, questo è un mio pallino e già lo faccio regolarmente. Ho depositato numerosi atti parlamentari che toccano il tema dello scudo fiscale, dello scudo cerebrale, della discriminazione sull’IVA. E soprattutto ho depositato una mozione – sottoscritta da altri 40 parlamentari – che chiedeva al Consiglio federale di riconoscere la crisi dei rapporti con l’Italia e di mettere in atto una strategia per risolverla. Accogliendo la mozione, il Consiglio federale mi ha dato ragione. In questi ultimi due anni gli ho tenuto il fiato sul collo: il tema mi sta a cuore. Così come mi sta a cuore quello della promozione della lingua italiana in Svizzera. La mia candidatura al Consiglio federale nel 2010 era un esempio concreto di quest’impegno. Evidentemente continuerei in questa direzione, ma con ancora maggior esperienza e peso, se i ticinesi mi concederanno nuovamente la loro fiducia.