L’assassinio a Londra di un soldato britannico da parte di due musulmani di origine nigeriana fa immediatamente pensare alla serie di omicidi commessi da Mohamed Merah in Francia e all’attentato di Boston commesso dai fratelli ceceni Tsarnaev.

Si è trattato di crimini commesso in nome della fede islamica, scrive Christian Vanneste sul portale d’informazione LesObservateurs.ch : “da parte di membri della comunità nazionale contro cui erano volte le azioni criminali.

Dapprima, una vita “normale” senza una pratica eccessiva della fede religiosa, piccoli episodi di delinquenza, viaggi all’estero in zone di conflitti politico-religiosi, niente che attirasse eccessivamente l’attenzione dei servizi di sicurezza.
Appare evidente la linea dei conflitti che percorre il pianeta al limite del mondo musulmano. Dal Sud delle Filippine sino in Nigeria, gruppi armati musulmani praticano la guerra santa contro gli infedeli.

Nel mondo musulmano spiccano due evoluzioni : la primavera araba che ha fatto vacillare diversi paesi da un nazionalismo dittatoriale verso governi islamisti.
La caduta di Saddam Hussein In Iraq era stato l’annuncio di questi capovolgimenti. Nei paesi medio orientali, iniziando proprio dall’Iraq “liberato” dagli americani, la libertà religiosa è diminuita e i cristiani, presenti in questa regione da millenni espatriano numerosi. Si è accentuata la dissimmetria fra la tolleranza verso le altre religioni negli Stati cattolici e l’intolleranza nei confronti del cristianesimo, in particolare nei paesi musulmani.
Secondo, una serie di conflitti percorre il mondo musulmano. Una violenza legata sia ad opposizioni etniche, sia a confronti religiosi, sia a un’ostilità verso la presenza straniera.
C’è poi la politica irresponsabile dei dirigenti europei, con il conseguente sviluppo di tre fenomeni : una massiccia immigrazione proveniente dai paesi musulmani, l’arrivo di capitali dai ricchi Stati del Golfo Persico, di cui alcuni legati al movimento dei Fratelli musulmani e lo sviluppo di un’ideologia nella quale si nota l’interesse degli Stati Uniti.

Il risultato è che nelle moschee finanziate da paesi esteri si forma una comunità religiosa che si ritiene più legittima della nazione.
Convertiti in cerca di punti di riferimento, poveri e disoccupati delle periferie alla ricerca di un potere che on li faccia più sentire frustrati emergono da un deserto culturale scintillante dal quale sono tenuti a distanza come la maggior parte della popolazione, ma loro si differenziano per il loro odio e la loro diffidenza.
L’aumento dei cosiddetti “lupi solitari” che spesso hanno frequentato moschee fondamentaliste, effettuato viaggi sospetti e stretto rapporti con il movimento estremista attraverso internet è il contralto interno alla partenza per i fronti del djihad in Africa o in Medio Oriente di combattenti islamici apparentemente integrati nella società occidentale.
Non sono fenomeni di massa ma significano che per molti la guerra fra l’Islam e l’Occidente è qualcosa che dà senso alle loro esistenze.

La soluzione è politica e culturale. I migranti devono adattarsi alla società in cui vogliono vivere. L’integrazione si gioca interamente sul registro affettivo e morale verso il paese in cui si vuole vivere. Gli immigrati devono avere come obiettivo l’integrazione come progresso personale. La pratica religiosa è libera. In nessun caso può servire come pretesto per provocazioni o rivendicazioni.
La politica d’immigrazione deve essere innanzitutto fondata sull’interesse nazionale. Il canale che va privilegiato è il lavoro. Una politica direttiva dell’alloggio deve essere attuata affinchè non si costituiscano raggruppamenti dove si sviluppano solidarietà contrarie all’interesse del paese. L’accesso alla nazionalità deve essere limitata alla volontà di rispettare le leggi. I diritti degli individui non devono portare ad alterare quelli dei cittadini in nome di una discriminazione positiva.”