I paesi europei hanno adottato un accordo sulla fornitura di armi ai ribelli siriani che combattono il regime del presidente Bachar al Assad.
L’accordo è stato fortemente voluto da Francia e Gran Bretagna, sostenuto dagli Stati Uniti
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Per opporsi ai bombardamenti delle truppe governative, i ribelli chiedono soprattutto armi anti carro o anti aeree, come i missili terra-aria a corta gittata (i cosiddetti Manpads).

Mandare armi in un paese saturo di violenza potrebbe avere conseguenze devastanti per la popolazione civile, sostiene l’organizzazione umanitaria Oxfam, così come numerosi osservatori che si oppongono all’annullamento dell’embargo sulle armi per i ribelli siriani.
L’accordo è contrario ai principi dell’Europa, ha aggiunto il ministro austriaco Michael Spindelegger.
Inoltre, la decisione presa di recente a Bruxelles potrebbe incoraggiare i russi a mandare ancora più armi al regime di Damasco, sottolinea il ministro olandese degli Affari esteri, Frans Timmermanns.
Infatti, appena i 27 Stati membri dell’Unione europea hanno siglato l’accordo, il governo russo ha confermato la promessa di fornire al governo siriano missili terra-aria S-300.

“La Siria si trova senza dubbio nella zona di conflitto più violenta della Terra – ha dichiarato Joseph Henrotin, responsabile europeo delle ricerche presso l’Istituto di strategie e conflitti. Ma non si può evitare nemmeno totalmente il timore che in caso di sconfitta del regime si profili un secondo conflitto che opporrebbe i ribelli laici ai djihadisti.”

“Francia e Gran Bretagna sperano che questa decisione costituisca un messaggio forte per Bachar al Assad, per fargli capire che deve andarsene – sottolinea Jim Muir, corrispondente della BBC a Beirut, in Libano. Ma il giornalista è scettico. Per il governo siriano conta solo quel che accade sul terreno.

Il rischio è che le armi cadano nelle mani sbagliate, come fa notare il generale Jean-Patrick Gaviard, Come dimenticare i missili Stinger forniti dagli Stati Uniti ai combattenti afghani contro il regime pro-sovietico a Kabul e usati per combattere gli americani? Oppure in Libia la caduta del colonnello Gheddafi che ha generato la dispersione di ingenti quantità di armi nelle mani dei gruppi armati del Sahel?
“Diffuso, il rischio di proliferazione interviene spesso diverso tempo dopo la fine di un conflitto – spiega Cedric Poitevin, ricercatore nel gruppo francese di ricerca e d’informazione sulla pace.

Per diversi esperti, l’errore proviene dal fatto che l’accordo è stato siglato tardi : “Il conflitto è andato oltre e ha visto l’apparire di gruppi djihadisti – osserva Joseph Henrotin. In una situazione ideale, si sarebbero dovuto armare gli insorti “democratici” sin dall’inizio. Questo avrebbe permesso di prevenire l’apparire di gruppi che mettono in questione la legittimità militare dei primi.”

Anche se a Bruxelles è stato assicurato che le armi saranno consegnate unicamente ai ribelli “giusti”, ossia l’Esercito siriano libero, è difficile assicurarsi che riusciranno a mantenere il controllo delle armi. “La fiducia che si accorda alla maggior parte dei gruppi irregolari deve essere relativa. E’ dunque meglio agre sul piano tecnico e fornire armi con una durata di funzionamento limitata.”

Va inoltre considerata la tipologia delle armi richieste. “I ribelli non vogliono armi di difesa o armi leggere, ma chiedono armi anticarro, o antiaeree, come i missili terra-aria di corta. Questo è il genere di armi che gli occidentali temono di veder finire nelle mani dei gruppi djihadisti – commenta il generale Jean-Patrick Gaviard – Certo, la polvere di questi missili scade dopo un determinato tempo, ma qualche mese fa gli iraniani hanno annunciato di aver trovato la soluzione per rigenerare questo tipo di missili.”

(Fonte : L’Express.fr)