Martedì 4 giugno, ore 20.45, su Teleticino a Piazza del Corriere si parlerà dell’iniziativa in favore del potenziamento della Civica nella scuola, ormai riuscita (consegna delle firme a Bellinzona il 3 giugno alle ore 11). Dibatteranno: il dr. Alberto Siccardi, primo firmatario e presidente del Comitato dei promotori; il professore e granconsigliere PLR Franco Celio; l’on. Manuele Bertoli, direttore del DECS; il prof. Maurizio Binaghi, presidente dell’associazione dei docenti di Storia; i due ultimi nettamente critici nei confronti dell’iniziativa.


Il 25 maggio us il Corriere del Ticino pubblicava un eccellente editoriale del direttore Giancarlo Dillena, che riprendiamo in parte e commentiamo.

Intorno all’iniziativa «Per edu­care i giovani alla cittadinanza – Diritti e doveri» si sta svilup­pando un dibattito interessante e sintomatico. (…)Interessante perché si innesta su una proposta che ha ottenuto in breve un importante sostegno po­polare, rivelando una sensibilità diffusa sul tema, insieme ad una scarsa soddisfazione per l’attenzio­ne e lo spazio che la scuola dedica a queste tematiche. È probabile che non tutti i firmatari sappiano con precisione quanto è stato fatto sulla scia della precedente iniziativa lan­ciata da GLRT nei primi anni due­mila e ritirata dopo il raggiungi­mento di un accordo col Governo sulla sostanza. Tuttavia anche questo aspetto co­stituisce semmai un indicatore si­gnificativo dello scarso impatto che gli sforzi pur intrapresi hanno avuto fin qui.

I promotori sanno che, dopo la lodevole iniziativa dei Giovani Liberali e l’ “accomodamento” elaborato dal Gran Consiglio gli obiettivi non sono stati raggiunti. I firmatari – più di diecimila – dal canto loro credono alla parola del Comitato promotore e si propongono di rimediare a una situazione chiaramente insoddisfacente.

(…) è possibile che la for­mula proposta dagli iniziativisti – l’inserimento nei programmi di storia di ore specificatamente dedi­cate alla civica, con voto separato – presti il fianco a delle critiche dal profilo pedagogico. Ma pretendere di liquidare il problema, come ha fatto qualcuno, bollando l’idea co­me prodotto di una visione retriva e nazionalista (per non dire regressi­va e xenofoba) è quanto meno su­perficiale e poco democratico, vista la diffusa sensibilità sulla questione che la rapida raccolta delle firme ha messo in evidenza.

Molti anni fa, si era negli anni Ottanta, un opinionista (di destra, lo ammetto… ma non ero io!) scrisse: “La scuola per la sinistra è cosa nostra“. Per la sinistra trovarsi di fronte a una proposta che certo da sinistra non proviene – ragionevole, praticabile, capace di suscitare ampio consenso – è stato un autentico choc. Di qui una serie di reazioni abbastanza scomposte, tutte volte a delegittimare, a denigrare, a squalificare. L’iniziativa fa paura, lo spontaneo consenso di tanti cittadini fa paura. Si potrebbe anche parlare di coda di paglia, poiché la sinistra sa benissimo che le aspettative del Gran Consiglio sono state in larga parte deluse, come ha ammesso – non senza una certa amarezza – il professor Franco Celio.

(…) Chi identifica nell’iniziativa solo l’espressione di una «destra populi­sta» che vorrebbe il ritorno a una chincaglieria didattica obsoleta, con l’intento di veicolare attraverso di essa forme di indottrinamento ideologico di stampo nostalgico o addirittura «xenofobo», tradisce una visione curiosamente simme­trica del problema, nel senso di quell’«educazione politica» ideolo­gicamente orientata a sinistra, che il Ticino e la sua scuola hanno ben conosciuto in tempi non molto lon­tani, quando questa concezione era assai ben rappresentata nel corpo insegnante.

Era? Chissà che non lo sia ancora? Quanto alla xenofobia, della quale ci si riempie le bocche? Volersi riconoscere nella propria patria è xenofobia? Voler difendere le proprie istituzioni e le proprie leggi, che si sentono minacciate, è xenofobia?

(…) Altro discorso meritano le osservazioni critiche relative all’impostazione di una formazione civile e democratica che non è certamente facile tradurre dai principi in modalità pedagogiche e didattiche efficaci. È senz’altro vero che una semplice illustrazione del sistema istituzionale non può bastare a stimolare e far crescere negli allievi un’autentica consapevolezza del loro futuro ruolo di cittadine e cittadini. Ma è altrettanto vero che da essa non si può comunque prescindere e che la pur necessaria contestualizzazione storica e filosofica deve essere commisurata ai limiti del quadro scolastico. Altrimenti sarebbe come pretendere che l’insegnamento delle lingue debba preventivamente passare da un percorso filologico volto a preparare i discenti alla comprensione delle sfumature che fanno la specificità di ognuna. Come dire: mission impossible. Ma l’alternativa è forse la rinuncia all’apprendimento delle lingue? O piuttosto un insegnamento che, con modestia e pazienza, cerca di gettare le fondamenta di competenze che solo il tempo, la pratica e l’esperienza potranno portare alla necessaria maturazione?

La “semplice illustrazione”, … il nozionismo! Farsi beffe del nozionismo è quasi un obbligo per certi intellettuali. Sapere che “Ei fu. Siccome immobile” non è un verso della Divina Commedia è nozionismo? Sapere che cos’è il Gran Consiglio è nozionismo? E allora viva il nozionismo. Sapere che tale assemblea non ha 9 o 900 membri è nozionismo? Noi vogliamo che i nostri giovani studino le istituzioni politiche svizzere. Poi anche quelle di Andorra o del Bangla Desh, se resterà un po’ di tempo libero. Trovo assurdo che si contrappongano le nozioni, che ci devono essere, all’approfondimento concettuale e “filosofico”. Le due cose coesistono perfettamente, in armonia.

(…) La questione va dunque affrontata in modo aperto e costruttivo, mettendo da parte per cominciare i pregiudizi ideologici e i processi alle intenzioni. E con essi anche certi sarcasmi, intrisi di malcelata sufficienza, con cui qualcuno pensa di poter liquidare, senza ulteriori fatiche, la faccenda. Se si riuscirà a farlo sarà questa la prima fondamentale «lezione di civica» che le forze politiche – ma anche le istanze scolastiche – dimostreranno di saper offrire alle nuove generazioni.

“Processo alle intenzioni”. Ben detto, direttor Dillena! Che cosa vorranno mai fare questi 10 promotori? (ma, diciamo meglio, questi 10.000 cittadini firmatari?). Vogliono che il Parlamento esamini la loro proposta, e che le dia una forma precisa e fedele. Poi la parola passerà al popolo.


(commenti di Francesco De Maria)