Il prossimo 9 giugno si voterà sull’iniziativa che chiede l’elezione popolare del Consiglio federale.

Il tema, secondo i contrari, sarebbe un “falso problema”. “Falso problema” è ormai l’etichetta che  certuni, sempre i soliti, cercano di affibbiare a tutte le iniziative popolari che hanno la disgrazia di non incontrare i loro favori. Già il fatto che l’iniziativa abbia raccolto un numero sufficiente di firme, cosa non scontata, dimostra che non si tratta poi di un problema così falso. Diciamo piuttosto che il problema avrebbe potuto rimanere latente, se a Berna i politici non avessero rotto il giocattolo.

Tramite un golpe parlamentare, la sinistra e il PPD nel 2007 esclusero Christoph Blocher dal Consiglio federale, violando quindi il più elementare principio del “chi vince le elezioni governa”. Nel 2011 il giochetto venne reiterato sempre dagli stessi attori, con la riconferma di Eveline Widmer Schlumpf in Consiglio federale. Una riconferma del tutto ingiustificata, visto che il partito della ministra delle Finanze raggiunge a malapena il 5% dei consensi e non ha dunque alcun titolo per disporre di un seggio in Consiglio federale. Piaccia o non piaccia, l’Udc è il primo partito del paese e si trova con un solo rappresentante nell’esecutivo nazionale, mentre il PS ne ha di fatto tre, i suoi due e Widmer Schlumpf ostaggio di chi l’ha eletta. Con tutte le conseguenze del caso, ossia avanzata a passo di corsa verso il baratro dello scambio automatico di informazioni bancarie, che causerà una strage di posti di lavoro (e di entrate fiscali) sulla nostra piazza finanziaria.

Per ben due volte dunque una maggioranza parlamentare formata dalla sinistra e dal PPD ha dimostrato di volersene bellamente infischiare dei risultati elettorali. E’ chiaro che in questo modo i delicati equilibri che reggevano la politica federale sono stati mandati in frantumi. Si è quindi raggiunto un punto di non ritorno.

A ciò si aggiunge il fatto notorio che il Consiglio federale, non dovendo rendere conto al popolo, prosegue tranquillamente per strade che il popolo disapprova, in particolare su temi non proprio di portata irrilevante come i rapporti con l’UE ed il già citato segreto bancario. Per non parlare delle iniziative popolari approvate, che vengono concretizzate (o non concretizzate) con il sistema dei due pesi e delle due misure, o delle scandalose scuse a Bruxelles ogni volta che il popolo elvetico – e c’è da augurarsi che ciò avvenga sempre più spesso – vota in modo “non eurocompatibile”.

Né si può sostenere che l’elezione popolare costituirebbe chissà quale stravolgimento, essendo quest’ultima già realtà per i governi cantonali. Bisogna inoltre considerare che in un  periodo storico in cui la Svizzera si trova sotto attacco a livello internazionale, il Consiglio federale necessita di uomini e donne profilati e tenaci: ossia proprio quel genere di persone che un parlamento non elegge. Peggio ancora: l’assemblea federale ha la spiccata e crescente tendenza a nominare i ministri al proprio interno; ma il fatto di essere stato deputato non è per nulla garanzia di doti governative. Anzi, il rischio è quello di escludere in partenza candidati ben più validi.

E’ vero che l’iniziativa in votazione ha delle pecche per quel che riguarda la rappresentanza delle minoranze ed in particolare della nostra. Ma d’altra parte, in Consiglio federale non siamo rappresentati nemmeno allo stato attuale e, avanti di questo passo, in particolare dopo la bocciatura della proposta di un esecutivo a 9, non lo saremo per un bel pezzo. Inoltre, se il candidato è valido, non è detto che gli svizzero tedeschi in votazione popolare sosterrebbero più volentieri un ticinese invece che un romando.

D’altra parte, per quanto utile e positivo possa essere poter contare su un Consigliere federale  del nostro Cantone, non bisogna nemmeno cadere nella trappola del “basta che sia ticinese e poi va bene tutto”. Perché un Consigliere federale che perora l’adesione all’UE, la sfascio della piazza finanziaria, la libera circolazione delle persone ad oltranza, tre anni di isolamento causa chiusura del Gottardo, lo smantellamento della nostra “svizzeritudine”, e via elencando, anche se ticinese, non è di certo nell’interesse del Ticino.

Lorenzo Quadri, consigliere nazionale, Lega dei Ticinesi