Assassinio non solo prevedibile, ma preannunciato dallo stesso assassino
Ancora sull’atroce morte di Marie
Tratto da una documentata analisi della “Weltwoche”

(francesco de maria) Con questo articolo, il primo di una serie di tre, il dottor Soldati torna sulla tragica vicenda della diciannovenne Marie, che per molti giorni ha occupato le prime pagine dei nostri giornali. La “Weltwoche” è una rivista di qualità, profonda e precisa, che non teme di mostrarsi “politicamente scorretta”. Neppure Soldati lo teme.


          Littuno (monti di Verscio), 5 giugno

Caro Francesco,

lo scorso 15 maggio ti avevo inviato un articolo “Di pena di morte e ergastolo”, relativo all’orribile crimine di un assassino recidivo rimesso in pratica libertà agli “arresti domiciliari”.  Non conoscevo allora dettagli dell’accaduto, portati adesso a nostra conoscenza da un approfondita inchiesta della “Weltwoche” del 23 maggio, per la penna di Alex Baur, a mio giudizio un grande giornalista  che si è specializzato nella messa in evidenza di mancanze e magagne della giustizia. Un terreno che scotta. I magistrati e i loro periti psichiatrici sono i soli esseri umani che non devono rispondere delle loro azioni e decisioni e tollerano solo obtorto collo che si calpestino le loro aiuole.

Il lungo articolo di Baur merita ampiamente di essere conosciuto in dettaglio anche a sud del Gottardo. Ho atteso invano che questo doverosissimo compito lo assumessero i nostri media, ma salvo svista da parte mia, ho atteso invano, ed eccomi allora a questa lettera, motivata dal fatto che i crimini di questi ammalati sessuali sono troppi, troppe le vittime innocenti, e troppo crasso il disprezzo delle nostre autorità politiche e giudiziarie nei riguardi della votazione popolare del 2004 che decise l’internamento a vita per questi tarati genetici. Riprendo dalla “Weltwoche” e da Alex Baur, aggiungendo qualche mia considerazione che segnalerò di volta in volta.

“ I giudici sono uomini, e gli uomini possono sbagliare”, così si è giustificato François Meylan, presidente del tribunale cantonale vodese, responsabile primo della decisione di liberare l’assassino recidivo spedendolo agli arresti domiciliari che equivalgono in pratica ad una messa in libertà. Col senno di poi, ha ammesso il giudice, si può dire che la decisione del suo tribunale di mettere in pratica libertà dopo solo 12 anni un delinquente condannato a 20 anni di reclusione, Claude Dubois, è stata inadeguata. Una risposta banale da un giudice banale, penso io. Ma in realtà il giudice Meylan elude la domanda di fondo. Svicola e basta. Siamo di fronte ad errori professionali (“Kunstfehler”) o a rischi residui che bisogna assumere per poter vivere in una società liberale? E`possibile riconoscere una personalità pericolosa, curarla o, se necessario, toglierla dalla circolazione? Corriamo altrimenti il rischio di internare a vita altri criminali che non possono dimostrare la loro “non pericolosità?

Nel 1892 l’argentino Juan Vucetich rivoluzionò la criminologia identificando per la prima volta un assassino tramite le impronte digitali. Da allora i criminalisti hanno continuamente affinato le tecniche  di ritrovamento e di interpretazione di elementi quasi impercettibili. Alle confessioni, spesso estorte con la tortura, sono subentrate le tecniche scientifiche, e i risultati ottenuti hanno dato ragione alla scienza. Nei paesi evoluti gli assassinii irrisolti sono diventati l’eccezione. Il contrario si verifica nei paesi ancora in via di sviluppo.

C’è voluto quasi un secolo prima che gli psichiatri giudiziari adottassero i metodi sistematici dei criminalisti e cominciassero a ricercare tabelle di accertamento peritale esenti nella misura del possibile da “contraffazioni” soggettive. Ma, aggiungo io, l’essere umano, come tutti gli esseri viventi, microbi e vegetali compresi, è siffatto che da pochi cromosomi, ognuno con migliaia di geni, riesce a generare fino a 7 e più miliardi di individui senza che ce ne siano due con le stesse impronte digitali.

Immagina tu, caro Francesco, cosa possa succedere con la psiche, per sua natura immateriale e non oggettivabile. Con in più il problema che non si sa se  (bello questo si sa se!) l’organo devoluto alla psiche, il cervello, sia nostro, o se siamo noi ad essere proprietà del cervello che ci concede solo le decisioni pragmatiche. La medicina non è ancora una scienza anche se tenta di diventarlo, ma credo proprio che la psichiatria non potrà mai essere più di un’arte, dipendente quindi da “Weltanschaung”, indole e intelligenza dell’indagatore. Per loro natura le perizie psichiatriche hanno sempre una componente aleatoria.

Fino agli anni ’90 la psichiatria giuridica svizzera, dice Baur, si basava soprattutto sull’interpretazione delle risposte fornite dall’indagato. Il prezzo di questi esperimenti veniva pagato dalle vittime. Le giustificazioni psicologiche che condussero alla liberazione di criminali “tarati” come Werner Ferrari o Erich Hauert riportano adesso alla memoria piuttosto l’alchimia medioevale che i criteri scientifici. Le perizie riflettevano più lo stato d’animo degli esaminatori che quello degli esaminati.

I casi Ferrari e Hauert ci dimostrano però in modo esemplare la capacità di questi pericolosissimi soggetti (ripeto, secondo me geneticamente tarati, anche se i “superesperti” non vogliono ammetterlo) di dissimulare nella profondità della propria psiche le pulsioni patologiche. Con sicuro istinto raccontano a periti e terapeuti quello e solo quello che gli esaminatori vorrebbero sentire. Nel 1993 la recidiva del maniaco sessuale Hauert, appena rimesso in libertà, indusse un deciso progresso nella metodologia delle indagini psichiatriche. E`vero, aggiungo, ma resta il fatto che la psiche non è adducibile ad un’indagine scientifica!

Sola possibilità di soluzione della problematica di questi delinquenti sessuali resta quella pragmatica, ammettendo che sono, e lo sono, geneticamente tarati. E, viste le esperienze, sono centinaia e migliaia sul pianeta, la conclusione RAZIONALE, sempre che si voglia veramente prevenire le recidive, è una sola: internamento a vita dopo il primo crimine, come aveva capito e voluto il popolo svizzero nel 2004. Ma i “Fachidioten” e i buonisti nuotano nel mainstream, e le vittime delle recidive dei delinquenti tarati tacciono. Fine delle mie personali considerazioni.

Per non stancarti troppo con le mie lungaggini mi fermo qui. Ma riprenderò il discorso domani. Sul mio monte solitario è calata la notte.

tuo Gianfranco Soldati