Di seguito, un messaggio di Cheda


Con decisione del 25 giugno, il Pretore di Lugano Francesco Trezzini ha confermato il divieto supercautelare emesso lo scorso aprile su richiesta di Boris Bignasca.

Il libro “La vita spericolata di Nano Bignasca” è andato in stampa oggi in una tipografia il cui nome non viene rivelato pubblicamente***. Il libro (180 pagine) sarà inviato entro un mese a chi l’ha pagato in anticipo. Può ancora essere ordinato su www.inchiesta.ch.

*** Ticinolive darà un premio speciale a chi spiffererà il nome della tipografia.


Matteo Cheda, che ha diffuso la notizia, in un corposo allegato scrive:

Il Nano si sarebbe lasciato intimorire?

Se io fossi stato al posto di Boris Bignasca avrei acquistato una copia di questo libro e avrei cercato di collaborare con l’autore. Le testimonianze di chi ha conosciuto il Nano sono importanti per ricostruire la vita del fondatore del Mattino della domenica e della Lega dei Ticinesi. In vent’anni il Mattino ha pubblicato molti fatti di interesse pubblico, senza lasciarsi intimorire da chi voleva mettergli il bavaglio. Di conseguenza un libro che si pone lo stesso obiettivo dovrebbe far piacere a chi ama i fatti e non si lascia imbavagliare.Le cose sono andate diversamente. A fine marzo Boris Bignasca ha annunciato pubblicamente che avrebbe proibito la diffusione del libro per le vie legali. Dopo tre settimane di attesa, ha fatto valere la clausola d’urgenza e ha chiesto al tribunale provvedimenti immediati.

Secondo me, il Nano non avrebbe mai agito in questo modo. Nel giro di poche ore, senza nemmeno interpellarmi, la Pretura di Lugano ha dato ragione a Boris Bignasca e ha emesso un divieto supercautelare. Dopo oltre due mesi ha confermato il provvedimento provvisorio e ha dato a Boris Bignasca 30 giorni per depositare la cosiddetta “azione di convalida”, ovvero la richiesta di rendere definitivo il divieto. Se Boris Bignasca depositerà l’azione, il divieto provvisorio durerà fino al termine della causa. Potranno dunque passare anni e anni.

Prendiamo ad esempio “Il cassiere di Saddam”, il libro di Paolo Fusi sugli affari dell’avvocato Elio Borradori. L’ho pubblicato nel 2003 e la Pretura di Lugano ne ha proibito la diffusione a titolo “provvisorio” per dieci anni. Solo da pochi mesi è di nuovo in vendita. Il lavoro dei giornalisti è legato all’attualità. Bloccarlo per anni con provvedimenti “provvisori” equivale a calpestare il diritto dei cittadini di venire a conoscenza dei fatti. Fin che la causa non è terminata, non ci si può nemmeno rivolgere al Tribunale federale per violazione delle libertà garantite dalla Costituzione. In Svizzera la decisione “provvisoria” di un qualsiasi giudice distrettuale può tenere ferma un’inchiesta giornalistica per anni, anche se vi è un interesse pubblico preponderante a una divulgazione immediata.Più la giustizia è lenta, più perde di credibilità.

Con “Il Cassiere di Saddam” ho aspettato dieci anni. Per evitare il rischio di ripetere questa esperienza negativa con “La vita spericolata di Nano Bignasca”, ho preso alcune precauzioni. Ho messo in vendita questo libro a fine marzo, ovvero prima di cominciare a scriverlo e senza sapere cosa avrebbero detto i testimoni che hanno conosciuto il Nano. A inizio aprile ho ceduto i diritti a una terza persona, il cui nome per ora non è necessario divulgare. L’editore del libro che tenete in mano non è tuttavia il detentore dei diritti, ma un’associazione non profit che è stata creata tre giorni fa. Per rendere più complicato il lavoro a chi cerca di censurare i fatti di interesse pubblico, l’associazione ha ottenuto i diritti in prestito dal detentore e dopo aver stampato i libri li venderà subito a terzi, sparpagliandoli fisicamente in diversi posti. L’associazione sarà sciolta subito dopo la spedizione postale. Così io rispetto i divieti provvisori. Siccome non possiedo neanche una copia del libro, mi è impossibile distribuirlo. Chi l’ha comprato lo riceve per posta. Le copie in circolazione non sono mie e non sarà facile censurarle a titolo provvisorio per anni e anni.

Se il Nano fosse ancora vivo, apprezzerebbe un simile espediente? Non posso più chiederglierlo, ma penso proprio di sì. A Giuliano Bignasca non mancavano le idee originali per aggirare ostacoli apparentemente insormontabili. E non era il tipo da subire passivamente i tentativi di censura.Se io fossi stato al posto di Boris Bignasca, non avrei fatto causa a un giornalista che da anni si impegna nella ricerca di fatti di interesse pubblico e li divulga anche quando fa arrabbiare personaggi influenti. Il mio primo articolo sull’Eco di Locarno è stato pubblicato nel febbraio 1986, quando Boris non era ancora nato. Parlava di un’assemblea di studenti liceali. Erano fatti precisi e incontestabili. Eppure già allora la loro pubblicazione aveva suscitato malcontento. Il giornalista deve cercare i fatti di interesse pubblico e impegnarsi a divulgarli senza censure.

Da 27 anni cerco di fare correttamente questo mestiere. Se qualcuno vuole arrabbiarsi con me, lo faccia. Ma la rabbia non gli servirà a migliorare le cose e non mi farà passare la voglia di cercare i fatti e pubblicarli. Il Nano non lo conoscevo molto bene. Quando lavoravo per l’Eco di Locarno e La Regione, l’ho intervistato al telefono alcune volte. Da allora sono passati vent’anni. L’ho incontrato una volta sola, di sfuggita. Alla conferenza stampa di presentazione del libro sulla Lega di Michele De Lauretis e Bruno Giussani, l’editore Armando Dadò dirigeva la discussione e i giornalisti prendevano appunti. Improvvisamente la porta si apre, sbuca la testa di Nano Bignasca che chiede: «È qui il doposcuola?» Risata generale. Eravamo nel febbraio 1992. La Lega esisteva da un anno ma solo con la pubblicazione del libro era emerso che il Nano era stato nominato presidente a vita. L’avevano scoperto i due autori. Oggi, dopo aver intervistato alcuni testimoni che hanno avuto a che fare con Giuliano Bignasca, mi sembra di conoscerlo un po’ meglio. Abbastanza per pormi questa domanda.

Il Nano si sarebbe lasciato intimorire da una causa legale che voleva impedirgli di divulgare fatti di interesse pubblico?

Non posso più chiederglielo, ma penso proprio di no.

Matteo Cheda, 27 giugno 2013

Post scriptum. Ho iniziato a scrivere “La vita spericolata di Nano Bignasca” con l’intenzione di raccogliere una serie di testimonianze di persone che l’hanno conosciuto. Tuttavia, quando Boris Bignasca ha annunciato che avrebbe fatto proibire la diffusione del libro, alcuni amici del Nano hanno preferito rinunciare a rilasciare interviste. Ho quindi riempito lo spazio libero con alcuni documenti. Anche questi sono fatti di interesse pubblico.