Due giorni fa il presidente egiziano, membro dei Fratelli islamisti, Mohamed Morsi è stato destituito da un colpo di forza dei militari. La sua colpa : la progressiva instaurazione di un regime islamista nel paese e l’incapacità di rilanciare un’economia allo stremo.

1. Che ne sarà adesso di Mohamed Morsi?
Giovedì il presidente destituito è stato trasferito al Ministero della Difesa del Cairo. Qui si trova ancora in detenzione isolata, lontano dal suo entourage.
Morsi, eletto democraticamente un anno fa, potrebbe essere perseguito in giustizia. Nel timore che i Fratelli musulmani riescano a farlo scappare (dalle moschee del Cairo sono stati lanciati appelli per la sua liberazione) vige il divieto di lasciarlo uscire dall’Egitto.

2. C’è il rischio di una rivolta islamista?
Oltre alla detenzione di Morsi, i militari hanno eseguito anche l’arresto di diverse centinaia di membri dei Fratelli musulmani. Sono stati arrestati anche il capo del partito Libertà e giustizia (vetrina politica dei Fratelli) Saad al-Katatni e un altro alto esponente, Rached Bayouni.
Anche se Morsi ha chiesto ai suoi partigiani di non replicare al “colpo di Stato” con la violenza, il rischio di disobbedienza da parte della base islamista è forte.
I Fratelli musulmani sono molto arrabbiati e le rappresaglie sono già iniziate : sostenitori di Morsi hanno attaccato basi militari alla frontiera con la Striscia di Gaza, uccidendo un soldato e ferendone altri due, strutture della sicurezza sono state attaccate nel nord del paese, sette persone sono state uccise a Marsa-Matrouh e a Alessandria. Tre membri dell’opposizione sono stati uccisi in uno scontro con islamisti a Minîèh, nel centro del paese.
La direzione della confraternita ha interesse ad apparire come la vittima di un colpo di Stato ma sembra non riuscire a calmare le frange più radicali dei suoi militanti.

3. Quale transizione?
L’Egitto viene ora diretto da un governo a interim, incaricato della stesura di una nuova Costituzione che in seguito verrà sottoposta a referendum. Il testo dovrà essere approvato dall’Università Al-Azhar, la più alta istanza sunnita dell’Egitto.
Il giudice Adli Mansour è stato nominato presidente a interim. Dirigerà un Consiglio presidenziale di tre membri incaricati di amministrare il paese per un periodo massimo di 12 mesi. Il Consiglio lavorerà insieme a un governo apolitico per preparare le elezioni presidenziali e legislative. L’esercito supervisionerà queste procedure durante tutto il periodo di transizione.

4. Quali nomi per il governo di transizione?
Mohamed ElBaradei, ex dirigente dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica, è stato designato capo del “Fronte del 30 giugno”, che riunisce i più importanti partiti e movimenti ostili a Morsi.
Potrebbe guidare il governo di transizione.
E’ stato lui, insieme ai capi religiosi sunniti e copti, che ha discusso con l’uomo forte dell’esercito, il generale AbdelFattah al Sissi, dell’esclusione del presidente Morsi e dell’attuazione di una road map in vista della transizione.
Nel 2012 ElBaradei si era lanciato in politica allo scopo di difendere gli obiettivi della rivolta contro Hosni Moubarak, ma rimane sconosciuto alla maggior parte degli egiziani.
Ci si chiede se saprebbe cementare un’opposizione divisa e che dovrà per forza fare i conti con i movimenti islamisti dei Fratelli musulmani e dei salafisti. Senza dimenticare che negli ultimi anni le sue relazioni con i vertici militari non sono state buone.

5. Perché gli occidentali sono imbarazzati?
La gestione troppo islamista dell’Egitto nell’era Morsi non piaceva agli occidentali, ma la sua destituzione a opera dell’esercito piace ancora meno.
Qualunque cosa si pensi di Morsi, la legittimità delle urne è stata spazzata via dai militari, anche se questi non intendono prendere il potere.
Le rivoluzioni arabe, anche tese a metter fine ai colpi di Stato, registrano un’indubbia smentita. Gli Stati Uniti, che avevano sostenuto Morsi, e di fatto i Fratelli musulmani, subiscono una sconfitta. L’esempio egiziano può creare un precedente, mostrando che fra instabilità e ordine militare prevale quest’ultimo.
Questo precedente egiziano verrà usato da altri, in primis dal presidente siriano Bachar el-Assad, colui contro il quale Stati Uniti e Europa si battono ora da quasi due anni.

(Le Figaro.fr)