Stimate Autorità civili e religiose,
care concittadine e concittadini,
cari ospiti, gentili Signore e Signori,

Sono felice di pronunciare il discorso che celebra la Festa Nazionale del primo di agosto, che questa sera ci vede riuniti così numerosi nella nostra Piazza. Ogni Primo Agosto è l’occasione per fermarci un attimo a riflettere, e mi emoziona sempre il pensiero che, in questa serata in genere illuminata dai fuochi dei falò, migliaia di piazze svizzere sono animate da cittadini riuniti, come noi, per ribadire i valori della nostra vita comunitaria e la fierezza di appartenere a un popolo libero.

Ringrazio quindi tutti voi, qui convenuti a celebrare la nostra Festa nazionale. Proprio Piazza della Riforma – all’epoca si chiamava Piazza Grande – fu teatro, nella notte tra il 14 e il 15 febbraio 1798, del più grande moto di indipendenza e di libertà che il popolo ticinese abbia mai saputo esprimere attraverso i secoli. È proprio qui che si trovava all’epoca il glorioso Corpo dei Volontari che respinse l’attacco dei cisalpini, ed è sempre qui che di lì a poco venne innalzato l’Albero della Libertà sul quale fu posato il copricapo di Guglielmo Tell, simbolo dell’emancipazione politica dei patrioti luganesi. Il popolo che affollava la piazza reclamava a gran voce: “Noi domandiamo i sacri diritti, vogliamo la libertà svizzera. (…) dopo secoli di sudditanza, siamo maturi per reggerci da noi stessi.”

Questi riferimenti alla nostra storia sono importanti perché da questi fatti prende progressivamente avvio il processo di democratizzazione della società svizzera e con esso l’affermazione del sentimento nazionale. La celebrazione di quest’anno acquista per me un significato ancora più profondo e particolare: non vi nascondo infatti l’emozione nel pronunciare queste parole nella mia nuova veste di Sindaco, una carica che mi riempie di orgoglio e che mi impegno ad onorare nel miglior modo possibile, prestando la massima attenzione ai bisogni e alle aspettative dei cittadini, per fare sempre più di Lugano una città nella quale tutti sentano di stare bene.

Un pensiero particolare va agli abitanti dei comuni che con le ultime aggregazioni sono diventati parte integrante della nostra città: dopo Pregassona, Viganello, Davesco-Soragno, Cureggia, Breganzona, Pambio-Noranco, Pazzallo e Gandria nel 2004, Barbengo, Carabbia e Villa Luganese nel 2008, dall’aprile di quest’anno sono entrati a far parte della Nuova Lugano anche Bogno, Cadro, Carona, Certara, Cimadera, Sonvico e Valcolla.

La concretizzazione di questo progetto è stata possibile con il sostegno e la collaborazione di tanti politici e cittadini che hanno compreso l’importanza di partecipare insieme allo sviluppo del territorio e di costruire insieme il nostro futuro. Le aggregazioni non devono però essere un punto di arrivo, ma di partenza: ora è necessario affrontare la nuova fase di tale processo, consolidandoci e occupandoci direttamente delle problematiche nelle zone periferiche che sono diventate a tutti gli effetti dei quartieri di Lugano. Pur con un occhio di particolare riguardo alle finanze cittadine, occorre assicurare nel tempo a tutti i nuovi quartieri i più elevati standard di servizio della città, migliorando ad esempio i collegamenti attraverso la rete dei trasporti pubblici o incentivando lo svolgimento di eventi e manifestazioni che vivacizzino e migliorino la qualità della vita sociale.

I quartieri di Lugano, ciascuno con la propria storia e tradizione, devono dal canto loro essere parte attiva nella costruzione della nuova identità urbana, mantenendo però intatto il proprio patrimonio storico e culturale, una ricchezza che deve essere preservata per non dimenticare le nostre radici. Ce la faremo, consapevoli di vivere in una città straordinaria che spazia dalle montagne al centro urbano, dal fiume al lago. Un paesaggio e una natura bellissimi. Lugano, a mio parere, possiede tutte le qualità per determinare il proprio futuro, e per continuare ad essere un elemento trainante e dinamico per lo sviluppo dell’intero Cantone.

Penso al settore della nuova economia, qui risiede un notevole potenziale di crescita; negli ultimi anni la nostra città ha conosciuto un interessante sviluppo nel campo della ricerca applicata in ambito sanitario. Alla base di questo fatto si pongono le diverse strutture sanitarie, ospedali e cliniche, pubbliche e private che hanno giocato il ruolo di veri e propri incubatori di ricerche e applicazioni in diversi settori di punta della medicina. Nel 2012 il Cardiocentro è diventato istituto associato dell’Università di Zurigo, intrattenendo relazioni mediche e scientifiche con realtà accademiche a livello nazionale e internazionale.

Penso al nostro sistema formativo di eccellenza grazie alla presenza dell’Università della Svizzera Italiana, della SUPSI, del Nuovo Centro di Calcolo Svizzero che supporta, attraverso i supercomputer e il proprio know-how, la scienza elvetica consentendole di attestarsi ai vertici mondiali; senza dimenticare il contributo dei numerosi centri di ricerca presenti sul territorio, attivi in numerosi campi della conoscenza, dalle scienze umane alle scienze esatte.

Penso anche alle grandi opere di riqualifica del territorio, in fase di studio o di realizzazione, in ambito architettonico, urbanistico e legate alla mobilità.

Penso infine a uno dei grandi cantieri destinato presto a concludersi, quello del LAC, che dovrà diventare un motore di innovazione e di crescita per la città e un centro pulsante non soltanto dal profilo culturale, ma anche economico e turistico; un percorso che dovrà però essere compiuto attraverso una oculata e rigorosa gestione finanziaria. Una sfida tanto difficile quanto stimolante. Noi siamo pronti araccoglierla.

Il Natale della patria è un momento solenne, che accomuna le quattro aree linguistiche della Confederazione e la Quinta Svizzera, costituita da oltre 700mila nostri compatrioti. Un momento che ci consente di ricordare e difendere secolari conquiste di libertà, di autonomia, di democrazia, di progresso civile e sociale, nella consapevolezza che non dobbiamo aver timore dei mutamenti in atto a livello globale.

In tal senso la Confederazione elvetica ci trasmette una lezione essenziale. Che cosa siamo noi Svizzeri? Quattro lingue, quattro culture e mentalità, diverse fedi religiose: insomma, siamo popolazioni molto diverse che hanno deciso di stare insieme e sono riuscite a farlo senza guerre e senza conflitti. Questo è grandissimo. La nostra storia ci insegna che riconoscere un’identità di appartenenza non significa ripiegarsi su sé stessi. Tutt’altro. Il Ticino, se non si fosse dato da fare per aprirsi al sud e al nord, sarebbe ancora una terra di miseria e di emigrazione. Solo grazie agli scambi, allo scorrere delle culture, delle lingue, delle merci e delle conoscenze abbiamo potuto crescere ed evolvere. Ed è senz’altro vero che lo sviluppo del Ticino è andato di pari passo con l’apertura delle vie di comunicazione: la ferrovia, l’autostrada, i trafori del San Gottardo, domani AlpTransit.

Uno dei principali meriti che attribuiamo al nostro sistema politico ed economico è quello di aver saputo produrre un elevato benessere, di aver permesso alle diverse classi sociali di affrancarsi dai bisogni primari, di aver costruito un sistema di sicurezza sociale avanzato, fondato sul principio della solidarietà. Per giungere a ciò, è stato necessario un lungo cammino, una costante attività di mediazione politica e legislativa. Nel tempo, molte cose sono cambiate. Tanto per cominciare, il nostro Paese ci assicura prosperità, pace e sicurezza. Ci garantisce anche la bellezza – anch’essa necessaria all’uomo – dandoci le leggi e i mezzi finanziari per preservarla e difenderla.

In questa magnifica regione troviamo bellezza paesaggistica in quantità industriale, a volte dolce e sinuosa, a volte rude e incombente. Da togliere il fiato, sempre. Da riempirti gli occhi, il cuore e l’anima. E poi dovremmo – ad avere un po’ di senso storico – rallegrarci della fortuna che ci è toccata. Essere grati. Fino a pochi decenni fa, gli uomini erano indifesi di fronte ai colpi della natura, il Ticino era un paese prevalentemente agricolo, il lavoro era una lotta dura e impari con la natura. Una lotta non solo contro le intemperie, di fronte alle quali l’uomo era inerme, ma anche contro la fatica bestiale, le malattie e le carestie, l’isolamento. Oggi, da noi e in generale in Occidente, non è più così, grazie al lavoro e alla tecnologia dell’uomo, ai suoi innegabili progressi.

Non da ultimo, da terra di emigrazione siamo diventati terra di immigrazione, e sono certo che anche a questi tavoli stasera ci sono amici dalle origini più diverse. Se siamo qui (e altrove) tutti insieme a celebrare la Festa nazionale è perché abbiamo saputo conciliare le nostre differenze. La nostra identità di popolo variegato è diventata un punto di forza, ci ha insegnato a non temere di confrontarci con il diverso, a non escludere, a incontrarci piuttosto che a scontrarci.

Ora è tempo di salutarci, la notte sta calando. Io mi auguro che continuiate ad andare fieri di questo Paese, a volergli bene – malgrado o, forse, proprio per le sue mancanze – e mi auguro che continuiate a crederci, così come faccio io. Guardiamo al domani con fiducia. Buona Festa a tutti!

On. Marco Borradori
Sindaco di Lugano