Mentre le manovre della Marina statunitense nel Mediterraneo pongono la questione di un possibile attacco americano alla Siria, lo storico Juan Cole spiega nel blog Informed Comment che attaccare la Siria non è la buona opzione.

Innanzitutto è sempre più evidente che il regime siriano dispone di un importante stock di armi chimiche. Le modalità dei recenti attacchi chimici contro i civili restano però vaghe e nesusno sarebbe capace di localizzare i depositi delle riserve di gas.
Bombardando a caso le strutture militari siriane si prenderebbe il rischio di liberare questi gas tossici e di vederli espandersi in tutto il paese.

Va anche sottolineato che l’artiglieria e i carri armati si trovano all’interno dei centri abitati, come a Homs e a Damasco e sarebbe impossibile distruggerli con bombardamenti aerei senza rischiare di colpire anche le abitazioni.

D’altronde, contrariamente alla situazione nei Balcani negli anni 1990, epoca in cui la Russia era chiaramente indebolita, oggi il regime siriano è sostenuto da una Russia forte e dall’Iran.

Inoltre, fornire armi all’opposizione e prendere il rischio di vedere queste armi disseminate attraverso il paese significherebbe riprodurre l’errore della CIA in Pakistan e in Afghanistan negli anni 1980 : armando i mudjahidines contro l’Unione Sovietica, gli Stati Uniti avevano dato a al Qaeda i mezzi per formarsi e contribuito all’installazione di problemi di narcotraffico sul lungo termine. Un timore rinforzato dall’importanza del Fronte al Nostra in seno all’opposizione siriana, che fa temere agli americani il fatto di armare potenziali terroristi e aiutarli a prendere il controllo di un intero paese.

Infine, Juan Cole considera che il conflitto assomiglia a una guerra civile e che i cristiani, gli alaouiti e i sunniti laici, che sarebbero neutri, ossia pro-al Assad, costituiscono la metà della popolazione. A queste condizioni la legittimità di un intervento straniero non sarebbe per niente evidente.