Conformemente alla sua linea d’apertura – che non vuol essere neutralità – Ticinolive sarà lieto di ospitare uno o più contributi che combattano l’iniziativa. Gli interessati sono pregati di contattare la Redazione.


Il prossimo 22 settembre i cittadini ticinesi saranno chiamati a votare anche sul cosiddetto “divieto di Burqa”. L’iniziativa, il cui titolo completo è “vietare la dissimulazione del viso nei luoghi pubblici ed aperti al pubblico”, è stata lanciata dal Guastafeste, ed appoggiata dalla Lega dei Ticinesi.

I firmatari chiedono l’introduzione del divieto di dissimulazione del viso nella Costituzione. Governo e la maggioranza del parlamento, per contro, propongono, tramite il controprogetto, di inserirlo nella legge. Meglio di un calcio nelle gengive, ma comunque insufficiente. La raccomandazione di voto della Lega è dunque quella di votare “Sì” sia all’iniziativa che al controprogetto, dando la preferenza al controprogetto nel caso entrambi venissero accettati.

Quella che, secondo taluni sarebbe una votazione su un non-problema (per costoro, qualsiasi tema che non sia sollevato dagli amici e dagli amici degli amici è un “non problema”) sta invece suscitando interesse a livello nazionale, ma anche internazionale: sappiamo ad esempio che il Wall Street Journal si sta occupando questione.

La differenza tra iniziativa e controprogetto non è di lana caprina: ci sono vari motivi per cui l’iniziativa è di gran lunga preferibile al controprogetto. Un motivo è legato al “rango” delle norme proposte. Un divieto inserito in una legge può essere modificato dal parlamento con una semplice votazione a maggioranza. Sicché il Gran Consiglio, dove il “politicamente corretto” la fa da padrone, in caso di entrata in vigore del divieto legislativo, fatti trascorrere, per l’esigenza di salvaguardare un minimo di decenza, un paio d’anni dalla votazione, ci metterebbe poco a far sparire il divieto con un colpo di spugna; magari dietro la pressione dell’esponenziale aumento dei cittadini islamici in Ticino.

Un divieto inserito nella Costituzione, per contro, potrebbe venire tolto solo tramite votazione popolare. La garanzia del rispetto dei diritti popolari sarebbe comunque data.

Poi c’è un motivo di tipo concettuale. Il controprogetto di governo e parlamento approva il divieto di mascheramento solo sulla base di riflessioni sulla sicurezza: girando con il viso nascosto è più facile commettere reati. Certamente la sicurezza è un argomento a favore del divieto di burqa, un argomento anche importante. Ma non è affatto l’unico. Il tema ha grande valenza ideale, e va a toccare i nostri diritti fondamentali: ci sta bene che un indumento (diciamo uno sgraziato sacco di stoffa, rende meglio l’idea) che simboleggia e concretizza la sottomissione della donna, la cancellazione della sua identità, ciò che è in flagrante contrasto con i nostri valori occidentali, abbia diritto di cittadinanza in casa nostra? Ci sta bene che persone straniere che vivono da noi, e quindi dovrebbero essere desiderose di integrarsi, abbiano e ostentino la chiara volontà di fare tutto il contrario, dimostrando di dare la precedenza a tradizioni tribali contrarie al nostro Stato diritto?

Se così non è, allora dobbiamo ancorare il divieto di burqa nella Costituzione cantonale.

Lorenzo Quadri, consigliere nazionale della Lega dei Ticinesi