Bernard Henri Lévy



NOTA. Per maggiore chiarezza abbiamo colorato i periodi nei quali il dottor Soldati espone il Lévy-pensiero.

Questa notte ho fatto una scoperta sensazionale, senza cercare o ricercare, solo tentando, nelle ore insonni, di raziocinare, che significa argomentare con raziocinio. Tema dei miei pensamenti, predominante in queste ultime settimane, la Siria.

Ieri avevo riletto, sul Corsera del 28 agosto l’articolo di Bernard Henri Lévy, un intellettuale ebreo tra i più influenti per le capacità da altri riconosciutegli. Riassumo, brevemente ma con assoluta aderenza sostanziale, il lungo articolo.

BHL 2

Primo: ad eccezione dei soliti revisionisti maniacali (Lévy non mi conosce, neppure sa che esisto, ma sa che, pensando come mi impongono di pensare la mia mente e la mia logica, sono maniacale) tutti concordano, per l’uso delle armi chimiche, nell’additare come esecutori dell’ignobile aggressione Bashar Assad e il suo regime (una presunzione, la sua, insostenibile: quelli che non concordano sono maggioranze di tipo bulgaro. Basterebbe, a provarlo, il voto contro Cameron della Camera dei Comuni).

Secondo: non esistono dubbi sulla necessità di una risposta: la morale lo esige, la causa della pace lo richiede, la realpolitik più elementare lo ordina.

Terzo: se Barack Obama un anno fa (a me risulta che lo abbia fatto il 20.3.13, esattamente 5 mesi e 1 giorno prima del massacro chimico, ma questo non cambia niente al giudizio conclusivo di Lévy e mio) ha fatto dell’uso dei gas la “linea rossa” da non attraversare, allora o la sua parola significa qualcosa e deve rispondere, oppure esita, portaerei in qua e cacciatorpediniere in là, e allora la sua parola, con quella del suo paese, non ha più credito (a parer mio, un credito irreversibilmente già perso).

Quarto: la questione della legittimità dell’intervento bloccato presso l’ONU dagli Stati canaglia (di fatto dal loro sponsor russo) non si pone più, perché siamo di fronte ad una situazione di estrema urgenza come quelle invocate dal legislatore internazionale (chi era costui, domando io) nel 2005, quando fu formulato il principio della responsabilità di proteggere.

Quinto: è l’esatta posizione in cui si trovava Sarkozy quando, il 10.3.2011, disse ai ribelli libici, che volevano che salvasse Bengasi, che sperava nell’approvazione dell’ONU ma che si sarebbe accontentato anche di un mandato di sostituzione.

Sesto: nella storia esistono dei momenti in cui ciò che i filosofi classici chiamavano “legge naturale” prevale sulle leggi positive e sui loro accomodamenti.

Settimo: la vera questione è la Russia: il vero enigma (in questa “semplice e chiara” situazione di crisi siriana, aggiungo ironicamente) riguarda i motivi che, contro ogni logica, contro il mondo intero (Lévy non ha dubbi, il mondo intero la pensa, anzi deve pensarla come lui) e contro, è una novità, parte della propria opinione pubblica, possano spingere i russi a tenere in palmo di mano un regime notoriamente omicida.

Ottavo: cerchiamo di sviscerarlo questo enigma. La Russia era uno stato colosso, con i piedi d’argilla ma comunque un colosso (con un paio di granate a mano atomiche che ha ancora, aggiungo io, piccole piccole, ma sempre atomiche sono), regnante su Cuba, Vietnam, Asia centrale, parte dei Balcani, India, Irak, Egitto, Europa centrale e orientale, Paesi baltici e Finlandia. Un impero di fianco al quale il presunto (sì, dice proprio così Lévy: presunto) impero americano appare pallida e goffa replica.

Cosa resta del grande impero russo (ma più sovietico che russo, aggiungo)? Neanche un protettorato. Neanche l’Ucraina. Niente residui, neppure coriandoli. Davvero nulla. Ad eccezione di questa Siria così malfamata, ma che agli occhi di Putin deve probabilmente incarnare l’ultimo vestigio di questo passato splendore. La Russia è un paese ammalato. Un paese sconfitto, che si aggrappa alla Siria con la stessa folle energia della Francia degli anni ’50 nei confronti di un’Algeria irrimediabilmente persa.

Questa spiegazione sembrerà inquietante a chi non gradisce (come Lévy, mi par di capire) vedere un grande Paese governato da vendicativi sbruffoni, assuefatti al risentimento. E se Putin fosse una tigre di carta? Un ricattatore che non correrà il rischio di compromettere le Olimpiadi invernali di Soci? La Storia esita, e non ci sono soluzioni già pronte né decisioni senza rischio. Lévy afferma che si possono soccorrere i civili siriani e salvare l’onore e la credibilità della comunità internazionale.

La scoperta sensazionale che ho fatto stanotte è questa: Baschar Assad è un masochista, un idiota e un delinquente geneticamente tarato. Vediamo di raziocinare e sviscerare.

Primo: tutti ammetteranno che nessuno, di destra, sinistra o centro che sia, agisce coscientemente contro il proprio interesse. Obama aveva avvertito Assad il 20.3.13 (Lévy dice un anno fa, a me non risulta, ma la data non cambia niente) che l’eventuale uso di armi chimiche avrebbe costituito la “linea rossa” da non oltrepassare. Invece cosa fa lui, il 21.8.13: ammazza con le armi chimiche 1300 e rotti civili, in maggioranza bambini, senza nessun danno quindi ai ribelli, per il puro piacere di tirarsi addosso l’intervento dei suoi “amici” americani, che sa sempre pronti ad intervenire per apportare pace e democrazia. Baschar Assad è irrefutabilmente un masochista.

Secondo: l’umanità (purtroppo quasi 8 miliardi di persone) dal punto di vista medico dell’intelligenza si suddivide in geni (rari), intelligenze normali (la grande maggioranza), in debili mentali (una minoranza consistente), in imbecilli (pochi, che non possono accedere alla scrittura e neanche alla lettura anche se scolarizzati) e in idioti (per fortuna rarissimi, isolati dal mondo ma non privi di una propria sensibilità, come ho potuto sperimentare curando assistiti gravissimi di don Colombo). Orbene, escluderei con pratica sicurezza che Assad sia un genio, un debile mentale (non avrebbe potuto conservare per decenni il potere) e neppure un imbecille (è risaputo che sa leggere e scrivere). Ergo, rimane solo la scelta tra intelligenza normale e idiota. Un intelligente normale mai e poi mai si tirerebbe addosso l’aggressione del suo peggior e strapotente nemico valicando la “linea rossa”. Lui lo ha fatto, almeno secondo Lévy, dimostrando così involontariamente di essere un idiota. Altra scelta non c’è. Tertium non datur.

Terzo: delinquente geneticamente tarato. Sì, come quelli che i nostri psichiatri prendono in cura dando ad intendere che con il chiacchiericcio si possa modificare la biologia. Una costellazione genetica che lo porta ad essere masochista e idiota. Affidarlo agli psichiatri non condurrebbe da nessuna parte. Evidentemente bisogna farlo fuori, cosa che a Lévy, suppongo, non dispiacerebbe.

Quarto: un argomento forse fuori linea, ma paradigmatico dell’atteggiamento comune alla stampa occidentale nel disinformare. Un quotidiano cantonale, riferendosi alla proposta di Putin di far consegnare dalla Siria le armi chimiche evitando così l’intervento USA già imprudentemente proclamato da Obama, titolava in prima pagina l’11.9.13: “Una via d’uscita per Assad”. No, la via d’uscita non era per Assad, era per il premio Nobel della Pace, oramai deciso ad avventurarsi in un nuovo ginepraio di tipo iraco-afgano-libico. Gli ha permesso di ringoiare, salvando la faccia, la decisione avventata e proclamata urbi et orbi di un intervento mirato e limitato che nessuno, salvo i suoi vassalli, voleva e vuole. Basti dire che perfino la Camera dei Comuni inglese, storicamente da sempre al fianco degli USA nelle loro guerre di aggressione, questa volta ha clamorosamente detto no. Con buona pace anche del povero Cameron.

L’idea che anche un mondo dove ognuno possa vivere tranquillo o almeno in pace, senza farsi ammazzare o distruggere la misera casupola, sotto i governi democratici, teocratici o dittatoriali di cui si è dotato o che deve subire, non riesce a penetrare le spesse meningi di un intellettuale che, come Bernard Henri Lévy, ci viene propagandato come uno dei massimi “opinion leader”. No, meglio il “peace keeping”, anche a costo di sofferenze inumane per tutti.

Personalmente, da eremita sul mio monte per libera scelta, agnostico e irreligioso quasi da sempre, prego e supplico ogni mattino il Padre eterno: quand’è che ci libererai da questi orripilanti e insopportabili intellettuali?

Gianfranco Soldati, Presidente onorario UDC