Se il 17 ottobre Repubblicani e Democratici non si accorderanno per innalzare il tetto del debito nazionale, gli Stati Uniti non saranno più in grado di ricevere credito. Uno scenario dalle conseguenze molto gravi, secondo Thibault Prébay, direttore presso Quilvest Gestion.

“Come pochi altri paesi al mondo – spiega Prébay – gli Stati Uniti hanno scelto di mettere un tetto al loro debito nazionale, il che significa che il governo non può prendere prestiti oltre una certa somma senza l’accordo del Congresso.
Il Congresso è in parte controllato dai Repubblicani, alcuni dei quali vogliono che Barack Obama ritardi l’applicazione della sua riforma della sanità, cosa che lui rifiuta di fare.
Se non troveranno un accordo e il tetto del debito non verrà alzato, dal 17 ottobre gli Stati Uniti non potranno più chiedere prestiti, non potranno più rimborsare i debiti già esistenti e onorare i pagamenti dell’amministrazione federale (attualmente già bloccati in parte, a causa del mancato accordo sul bilancio). A quel punto il paese sarà dichiarato in fallimento.

E’ comunque poco probabile che si giunga a questa situazione. Discussioni di questo genere sono già accadute in passato, anche se oggi lo shutdown che dura quasi da una settimana complica la situazione. Solitamente un accordo sul tetto del debito viene raggiunto all’ultimo minuto, dopo interminabili discussioni.

Se però dovesse accadere il tanto temuto default di pagamento, il governo americano dovrebbe dapprima ridurre le spese pubbliche. Il presidente potrebbe appoggiarsi alla Costituzione, la quale dice che lo Stato deve far fronte ai suoi obblighi e dunque al rimborso dei prestiti. Se questa decisione si avvera infondata giuridicamente, rischia la destituzione. Infine il governo americano può dire ai suoi creditori la verità : che non ha i soldi per pagarli.

In caso di problema tecnico, i mercati accordano un giorno supplementare, poi il governo deve dichiarare un default “selettivo” : si impegna a pagare tutto ad eccezione di un’obbligazione che pagherà con un certo ritardo. Se non può, si dichiarerà in fallimento.

Di conseguenze, le agenzie di rating piazzeranno il paese al livello più basso della loro graduatoria. Nessuno vorrà più prestare soldi al governo degli Stati Uniti e il valore delle obbligazioni di Stato crollerebbe.
Questo creerebbe un buco nel bilancio delle banche a livello internazionale, che per la loro sicurezza sono obbligate ad avere obbligazioni americane.
A loro volta queste banche potrebbero fallire, trascinando nella caduta altri istituti. In diversi paesi non verrebbero più finanziate le pensioni, i sistemi della sanità o i fondi pensione che detengono queste obbligazioni.
La propagazione sarebbe immediata e violenta. A confronto, i fallimenti di Lehman Brothers o della Grecia sembreranno ridicoli.
Lo Stato americano sarebbe incapace di reagire. Mettere a terra l’economia nazionale per rinviare di un anno la riforma sulla sanità? E’ impossibile che il Congresso non raggiunga un accordo. Eppure Obama ha già detto a Wall Street di preoccuparsi per il comportamento dei Repubblicani. Gli estremisti dei “Tea parties” sembrano pronti a tutto…

Ognuno ha interesse a mostrarsi inflessibile, affinchè l’altro partito passi per responsabile del blocco, ma questo non preoccupa davvero i mercati finanziari.
La fluttuazione di queste ultime settimane sono dovute soprattutto ai dubbi sulla potenziale crescita del paese. Se Wall Street prendesse sul serio la minaccia di un default, la Borsa avrebbe perso almeno il 15%.”

(Le Nouvel Observateur)