Un professore di scienze politiche di Harvard, Gary King, ha deciso di fondare un social network, non per guadagnare soldi ma per verificare dall’interno il sistema della censura cinese.
Un sistema dove i fornitori di accesso a Internet accettano di auto-censurarsi conformemente alle direttive del governo
.

L’incursione online di King ha mostrato che la censura cinese si basa molto su un filtraggio automatico che blocca i post e li sottopone al controllo dei censori prima della loro pubblicazione.
Il professore ha anche scoperto che il sistema di censura cinese si basa su un mercato capitalista molto dinamico, dove le aziende si fanno concorrenza per offrire i servizi migliori e tecnologie di censura.

La censura dei siti cinesi è irregolare e spesso ricorre a un semplice controllo manuale, ma secondo Gary King, il software che ha ricevuto per gestire il suo sito disponeva di una vasta gamma di mezzi di censura automatica abbastanza complessi. “Le opzioni erano davvero sorprendenti – ha dichiarato.

Non solo i post potevano essere bloccati automaticamente per il controllo manuale sulla base di determinate parole, ma potevano essere trattati diversamente in funzione della loro lunghezza, del luogo dove apparivano sul sito e per il fatto che avviavano una conversazione o la proseguivano.
Alcuni internauti potevano essere vittime di una censura più aggressiva in funzione del loro indirizzo IP, della data del loro ultimo messaggio e della loro reputazione nel cyberspazio.

King è stato informato che per essere in grado di rispondere alle esigenze del governo, un sito deve avere al suo servizio due o tre censori ogni 50’000 utenti. Il professore ritiene dunque che vi siano fra 50’000 e 75’000 censori che in Cina lavorano per le aziende del web.
Secondo il giornale Xinjingbao, due milioni di persone nel paese sono impiegate per “analizzare le opinioni su Internet” sotto la direzione del Ministero della propaganda e dei siti web.

In un’esperienza condotta parallelamente, il professor King ha reclutato decine di internauti in Cina per postare 1’200 messaggi su un centinaio di social network, allo scopo di vedere quali venivano censurati.
Circa il 40% è stato immediatamente bloccato dai sistemi di censura automatica; alcuni commenti sono stati pubblicati uno o due giorni più tardi, altri mai.

Secondo Gary King, questi risultati e quelli del suo sito fanno pensare che la Cina abbia creato una sorta di mercato della censura molto competitivo, in seno al quale le aziende online sono libere di gestire il loro sistema di censura come preferiscono, a condizione di non lasciar circolare opinioni sensibili.
Questo dispositivo incita le aziende a cercare metodi di censura più efficaci per minimizzare l’impatto sulla redditività.
“Nella censura vi sono numerose possibilità di innovazione tecnica e commerciale – sottolinea il professore.

Jason Q. Ng, studente all’università di Toronto specializzato in censura cinese, ritiene che la prospettiva offerta da Gary King sulle diverse opzioni che si aprono alla censura sia senza precedenti : “Le autorità sembrano riconoscere che il governo non è il meglio piazzato per esercitare la censura. E’ meglio affidare questo compito alle società private, non solo per motivi di innovazione ma anche di risorse.”

Questo mercato funziona sotto la costante minaccia di azioni punitive da parte del governo, aggiunge lo studente. Dopo il caso del dirigente destituito di Chongqing, Bo Xilai, i “twitter cinesi” Tencent Weibo e Sina Weibo sono stati chiusi per tre giorni e diverse società più modeste sono state chiuse definitivamente.
Una comunicazione rilasciata dall’agenzia ufficiale Xinhua ha spiegato che si è trattato di misure che avevano toccato aziende che non facevano correttamente il loro lavoro.

(Fonte : techreview.com)