ZIBALDONE 3

La signora è “Linda”?

L’aggressione immotivata da parte di microbi anaerobi (esseracci che si trovano a loro agio proprio negli ambienti privi di ossigeno, poco disposti a concessioni alla maggior parte degli antibiotici) avendomi costretto al soggiorno in clinica, ho avuto modo e maniera di sorbirmi in quantità illimitata le prove irrefutabili dell’esistenza e dell’enormità della stupidità umana: il dibattito nella Giunta del Senato italiano sulla destituzione di Silvio Bernasconi.

Charles de Gaulles, una delle figure politiche maggiori, a livello planetario, del secolo scorso, annoiato e irritato dal consueto cicaleggio dei parlamentari, era solito parlare di “grenouillage des politiciens”, con evidente riferimento al gracidio serotino che fan le rane in primaverile estro. Un’espressione di scarsa stima quindi, ma che a me sembra benevola, visto che le rane sono animaletti estremamente simpatici. Per i dibattiti dei politici italiani (ed in particolare quelli sui canali televisivi) la battuta degaulliana non è utilizzabile: per loro si deve parlare di “crapaudage des politiciens”, visto che il rospo, a torto, viene comunemente giudicato molto meno simpatico della rana.

6 voti per il voto segreto, tutti da destra, nel disperato tentativo di sottrarsi alla morsa imposta da una giustizia settaria e ideologicamente corrotta, 6 voti contrari, tutti  di sinistra, nel disperato tentativo di giustificare, anzi nobilitare due gravissime ferite alla determinatezza del diritto: imporre la retroattività ad una misura penale come quella prevista dalla legge Severino, ed il capovolgimento della norma che per la destituzione dal Senato di una persona prevedeva e prevede, se non si tratta di Berlusconi, il voto segreto. A far da ago della bilancia, una tale e povera Linda Lanzillotta, linda di nome e linda di fatto (D e O: lindo, di una nitida e lineare accuratezza, dallo spagnolo “lindo”, a sua volta dal latino “legitimus”, rispondente alle regole) che, con (in Italia non insolito, anzi quasi abituale) capovolgimento dell’intenzione di voto esternata qualche giorno prima, si è prodotta in una strabiliante arrampicata sugli specchi per giustificare una decisione perfettamente non rispondente alle regole. Insomma, Linda per non essere linda.

Ad un dibattito, qualcuno si è chiesto quale potesse essere la causa di una simile capovolta. “Si vede che la Signora Lanzillotta tiene famiglia”. “Cosa intendi dire?” interloquisce un altro. Risposta del qualcuno: “Significa che qualcuno le ha parlato”.

Essere governati da persone che sacrificano ogni traccia di onestà intellettuale, poca o tanta nessuno ne è sprovvisto, agli interessi partitici o peggio ancora di carriera personale è demolarizzante per tutti, destra e sinistra. Ma per fortuna, il disprezzo verso questi oscuri e spregevoli personaggi è garantito da chi è addentro “alle segrete cose”.

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Il più odiato (primo con distacco)

Fossi cittadino italiano, sarei dalla parte del PdL, rivendicando però il diritto a pensare (o credere di pensare) con il mio cervello e rifiutando sempre il dovere di pensare con quello del segretario o del presidente di turno. Vi sono casi nei quali la disciplina di partito può avere senso e giustificazione, in altri no. La decisione in merito spetta al politico, che deve assumere rischi e conseguenze. Gli altri, i “travitt”, sono indegni della carica che ricoprono. Esempio emblematico ne è la Signora Linda linda di cui dicevo sopra, che però riceverà il premio di essere il politico che dall’alto della sua nullità ha affossato il politico più potente e odiato d’Italia.

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Apocalisse sul Ceresio

Leggo e sento, divertito, del cataclisma che ieri (31.10.13) ha squassato il Palazzo civico di Lugano.

Gli amici della Lega volevano applicare le stesse precise regole che per anni hanno rimproverato, a giusta ragione, agli amici-parenti del PLR. Così facendo, dimenticavano una grande regola di vita, valida nel nostro divenire quotidiano e maggiormente nell’attività politica: quando si è vinto, e la Lega ha oramai vinto tutto il possibile, non si deve voler stravincere. La saggezza popolare lo riconosce con una perifrasi gustosa: chi troppo salir vuole cade sovente … precipitevolissimevolmente.

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Tragico e irresponsabile buonismo: ora la (vana) inchiesta

Teletext del 1.11.13: leggo, piacevolmente sorpreso: “I membri della commissione di alta sorveglianza del tribunale  cantonale di Losanna hanno sollecitato l’apertura di una procedura amministrativa nei confronti del giudice di applicazione delle pene che aveva concesso gli arresti domiciliari all’assassino di Marie”. Non un semplice assassino, per la precisione, perché nei precedenti c’era già un delitto portato a termine in modo altrettanto bestiale.

In un articolo del 16.6.13 sulla base di un’accurata indagine della “Weltwoche” avevo indicato come primo responsabile il presidente del tribunale cantonale vodese François Meyllan che, malgrado la pressante richiesta del capo dell’autorità tutoria Jacques Monney di rimettere subito dietro le sbarre il delinquente geneticamente tarato, aveva scelto di lasciarlo ai domiciliari (e in un articolo sul tema ero incorso nell’errore di scambiare i nomi del tutore con quello del giudice di cui auspicavo le dimissioni).

Circa 1 mese fa avevo letto, spiacevolmente non sorpreso, che il tribunale cantonale aveva decretato il non luogo a procedere in fatto di responsabilità eventuali di magistrati che hanno gestito il caso di Marie. Non siamo ancora in Italia, dove la casta dei magistrati è oramai diventata la mafia nr. 1, prima di mafia, drangheta e camorra che non godono certo dell’impunità di cui godono i magistrati italiani. Ma anche da noi si percepiscono segnali inquietanti. Ieri sera alla TV ho potuto far conoscenza con il giudice Meyllan: la spocchia e l’arroganza con cui ha rifiutato la richiesta della commissione di alta sorveglianza (“un’indebita ingerenza della politica nel campo della giustizia” l’ha definita) la dicono lunga sul degrado intellettuale e morale che colpisce talora vecchi magistrati che, credendosi al disopra di ogni giustificata e ragionevole critica, finiscono con il diventare dei “Fachidioten” quasi altrettanto pericolosi dei delinquenti tarati che devono gestire.

Nell’ articolo dello scorso giugno avevo aspramente criticato anche i periti psichiatrici che, gestendo a vuoto terapie di riabilitazione e recupero sociale che assicurano loro il pane e buona parte del companatico, tentano ancora di far credere che una tara delinquenziale genetica possa essere curata con le chiacchiere di uno o più psichiatri. Sui problemi delle terapie di un “Carlos” (29.000 fr. al mese) o dell’ippoterapia ritornerò presto.

Gianfranco Soldati