Spat JimAgostino Spataro (a sin.) con il senatore Luís Sanchez Jimenez (Messico, ottobre 2013)


1… Ma quante ipocrisie e falsi turbamenti, in Italia e nel mondo, a proposito di spie e di spionaggi!

Come se vivessimo in un mondo di allocchi dove, improvvisamente, qualcuno scopre che la spia non viene più, e soltanto, dal “freddo”, ma dalle dolci colline del Maryland ossia dalla National Security Agency (Nsa), la più potente e sofisticata rete d’intellingence degli Usa, nostri alleati e protettori.

Da più parti, sui giornali italiani e stranieri si levano gridolini indignati che non riescono a coprire gli assordanti silenzi di autorità politiche e capi di Stato. Nessuno, però, si chiede e, soprattutto, spiega perché il nostro potente alleato ha sentito il bisogno di spiare, sistematicamente, esponenti e istituzioni democratiche dei paesi amici, violando i più elementari doveri di lealtà e i diritti di sovranità, d’intercettare centinaia di milioni di telefonate e di corrispondenza ordinaria ed elettronica d’ignari cittadini che, a discrezione della Nsa, possono essere catalogati, schedati come “terroristi”, “attentatori alla sicurezza”, ecc.

Una “grande potenza”, la Nsa, che, però, non ha prodotto i risultati sperati. Infatti, nonostante l’esistenza di questa e di altre agenzie spionistiche, gli Usa e i loro alleati, quasi mai, sono riusciti a scoprire in tempo, a prevenire gli attentati più micidiali ai loro e agli altrui danni. A cominciare da quello odioso, micidiale alle Torri gemelle di New York.

Tale “incapacità”, oltre a far dubitare della loro efficienza e legittimità dei fini, ha creato nell’opinione pubblica il sospetto che queste reti, invece d’intercettare i “terroristi”, sprecano tempo e denaro pubblico per controllare privati cittadini rei soltanto di pensarla diversamente (ossia liberamente) rispetto al “pensiero unico” imposto su scala globale.

In passato, è accaduto anche in Italia: i vari servizi, più o meno deviati, invece di garantire la vera sicurezza dello Stato si dilettavano a compilare schede nelle quali rubricavano i nomi di amanti e concubine, vizi e devianze di personalità influenti da tenere a bada, secondo le circostanze. Appare chiaro a tutti che, così operando, la democrazia va a farsi benedire per lasciare il posto al dilagare di metodi illeciti, inquietanti che inficiano la convivenza democratica e la serenità dei cittadini. Questo è il problema, anzi il vero scandalo!

2… Dentro tale “scenario” si colloca il ruolo della Sicilia, punto d’approdo e di diramazione di un sistema di collegamenti intercontinentali in fibra ottica che taluni vorrebbero, quasi, mettere sotto accusa per il fatto che attraverso i cavi passano anche le attività spionistiche di alcuni paesi, per altro amici e alleati dell’Italia.

Un’idea strampalata, quasi che le fibre ottiche abbiano fatto di Palermo e della Sicilia una specie di hub di spie nei confronti del quale rivendicare – cosa ancor più disdicevole- una mangiata di royalties in favore della regione.

Prima d’inoltrarci nell’argomento è utile accennare alla fase alla nascita della rete a fibre ottiche basata nell’Isola. Ricordo che nei primi anni ’80 del secolo scorso ci occupammo,  per conto del Pci, di questo importante progetto, al quale era associata Italcable, un’ottima azienda italiana a partecipazione statale. Lo sostenemmo, in Parlamento e sulla stampa, perché ritenemmo fosse un’ infrastruttura d’avanguardia, una tecnologia evoluta, di qualità da mettere al servizio dello sviluppo dell’Italia e della Sicilia, nel quadro delle diverse ipotesi prospettate di cooperazione economica, commerciale e culturale con i Paesi arabi e mediterranei e perfino del medio e dell’estremo Oriente. Questi erano, a quel tempo, la valutazione e l’intento comunemente dichiarati e condivisi, a livello politico e parlamentare.

In sede di accordi fra enti pubblici (regione compresa) e società promotrici del progetto saranno stati concordati protocolli, norme e procedure a garanzie dell’uso corretto del sistema. Se poi, nel corso degli anni più recenti, la rete è stata utilizzata anche per usi impropri (spionaggio) bisognerebbe prima accertarlo e quindi perseguire le eventuali responsabilità politiche e di gestione. In verità, tale rischio lo paventammo anche noi (sulla base di un documento della cellula  Pci di Italcable) come si evince dall’allegato articolo su “l’Ora” del luglio 1983. Esattamente, 30 anni addietro!

Ovviamente, il problema non era lo strumento in sé, ma l’eventuale uso distorto che se ne sarebbe potuto fare. Un antico dilemma. Come quello del coltello che può essere usato per pelare le patate o per commettere un efferato omicidio. Per altro, nessuno ritenne degna di attenzione la nostra preoccupazione. Salvo, oggi “scoprire” (de relato) che “attraverso le fibre ottiche passano anche le comunicazioni delle reti d’intelligence”!

Francamente, non comprendiamo certi clamori. Tuttavia, non disponendo d’informazioni precise a riguardo, preferiamo astenerci da giudizi e conclusioni affrettate. Aspettiamo. Evidentemente, alcuni giornali e colleghi (anche d’alto lignaggio) avranno tali informazioni visto che continuano a propalarle a piene mani, creando un certo allarme e tanta confusione. In realtà, – se ci fate caso-  molti di questi articoli sono il risultato di una sorta di  “copia-incolla” derivato da alcuni giornali stranieri (inglesi e Usa in particolare) che stanno cavalcando la tigre delle rivelazioni del signor Snowden, l’ex dipendente (pentito) della Nsa americana.

Concludendo. Ritengo che il vero problema politico e morale non sia quello di vedere chi ci guadagna dallo spionaggio e domandargli la questua ossia le royalties per il transito della rete, ma quello di non consentire le attività illecite che hanno provocato una seria incrinatura del tessuto democratico delle nazioni, una sfiducia diffusa verso le istituzioni preposte alla sicurezza (quella vera e necessaria), una violazione patente della tanto decantata “privacy” del cittadino e, in ultima analisi, della sovranità degli Stati.

Dunque, un problema molto serio da affrontare e risolvere con riforme e cambiamenti appropriati, in sede europea, della Nato e dell’Onu e non certo con le “scuse” di rito o con infantili ripicche scambiate da una sponda all’altra dell’oceano Atlantico.

 Agostino Spataro, già deputato nazionale del Pci