La rotazione americana verso l’Asia implica la distensione delle tensioni nel Vicino e Medio Oriente, risolvendo la crisi siriana e quella iraniana e mettendo fine agli scontri fra sciiti e sunniti, strumentalizzati per fini strategici.

Alcuni estratti di un’analisi del colonnello Alain Corvez, consigliere in strategia internazionale, sul portale www.mondialisation.ca :

“L’Iran ritroverà prossimamente il suo posto geo-strategico nella regione, con la moderazione nelle relazioni internazionali anticipata dal nuovo presidente Rohani a fine settembre, nel suo discorso alle Nazioni Unite.
Diverse nazioni lo hanno capito e cercano di avvicinarsi al governo di Teheran, come Turchia, Qatar e Arabia Saudita.

Carte-Moyen-OrientL’Islam politico vive il suo canto del cigno. I Fratelli musulmani, espressione politica dell’ideologia che proponeva di governare in nome della Charia, hanno dimostrato la loro incompetenza e la loro incapacità di rispondere alle aspirazioni dei popoli e di gestire degli Stati moderni.
La Tunisia li respinge, così come l’Egitto e il caos libico finirà per fare la stessa cosa. I musulmani vogliono vivere secondo la loro fede, ma vogliono anche essere in armonia con “il villaggio mondiale”.

Negli sconvolgimenti politici e sociali del mondo arabo, i cristiani, che vivevano su queste terre sei secoli prima dell’arrivo dell’Islam, hanno un ruolo essenziale nella coesione sociale e saranno un fattore importante nelle riconciliazioni nazionali.
Il riavvicinamento fra patriarchi orientali e imam nei paesi in crisi mostrano che gli appelli di Papa Francesco per l’unione dei fedeli cristiani e musulmani rispondono a un bisogno vitale e vengono uditi dalla popolazione e dai dirigenti.

Gli islamisti takfiristi [una corrente confessionale estremista sunnita, ndr], sono numerosi e l’Arabia Saudita li sostiene per distogliere le loro minacce dal regno saudita.
Arginare e eliminare la minaccia takfirista sarà il compito più difficile, dopo la soluzione negoziata della crisi siriana.
Con il Qatar che cerca di avvicinarsi alla Siria del presidente Bashar al Assad, si assiste all’isolamento delle posizioni saudite e israeliane. I due paesi non hanno capito che non erano più gli alleati privilegiati degli Stati Uniti, che da loro si aspettano ora un cambiamento di posizione.

La distruzione dello stock di armi chimiche siriane, costituito per rispondere alle armi di distruzione di massa di Israele, mette Tel Aviv in una posizione delicata di fronte alle iniziative per un Medio Oriente libero da queste minacce.

L’Arabia Saudita è minacciata da dissensi interni alla famiglia regnante e da irredentisti che sfoceranno in una possibile partizione in tre parti, il nord con la Giordania e i palestinesi, il centro con il sud dello Yemen e l’est con gli sciiti e il petrolio.

Il terrorismo islamista internazionale, che agli occhi dei veri musulmani rappresenta una blasfemia nell’interpretazione del Corano, potrà essere sradicato quando avrà perso capi e sostegno.
Simultaneamente al cambio di strategia americana nella regione, l’Arabia Saudita dovrà mettere fine alla sua crociata sunnita contro un asse sciita centrato sull’Iran e appoggiato su Iraq, Siria e Libano.
Sembra che le complicazioni con gli Stati Uniti sulla questione siriana porti la monarchia saudita a rivedere i suoi fondamentali, come mostrano le recenti visite in Iran.
Il rifiuto dell’Arabia Saudita di entrare nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è sia un segno della sua irritazione, sia la presa di coscienza dei nuovi rapporti di forza nella regione.

Nella soluzione della crisi medio orientale, a livelli diversi, Turchia, Giordania e Arabia Saudita saranno i grandi perdenti, così come Israele.
Indubbiamente questi Stati sapranno trovare una nuova postura per limitare i danni e adattarsi ai nuovi equilibri del mondo.
Ci si deve aspettare che la Cina annoderà o svilupperà legami con i paesi della regione,proponendo investimenti in cambio della fornitura dell’energia che ha bisogno per la sua crescita, sempre forte.”