(francesco de maria) Gianfranco ed io siamo, è notorio, vecchissimi amici-nemici, con bisticciate solenni all’attivo. Oggi molto amici, perché gli anni portano tanta saggezza e il rapporto umano assume alla fine il suo pieno valore, al di là di qualche dispettuccio veniale. Pubblico con piacere questo suo “Zibaldone 5”, arguto e divertente. Circa il “caso Quadri” non concordo pienamente con il suo troppo severo e troppo sarcastico giudizio:
— Quadri aveva delle solide ragioni (pur non avendole tutte), anche se
— la sua reazione è stata plateale e il suo vittimismo esagerato;
— Giovanna si è impuntata, certo per una (giustificata) ambizione personale, ma anche
— incoraggiata e sospinta dal suo partito;
— si è trattato in verità di una “prova generale” (legittima) di “arginamento dello strapotere dei vincitori” (legittimi anch’essi).
— Un’utile riflessione potrebbe essere fatta sulla destinazione dell’unico voto “libero” che rimaneva sul tavolo.


Tempo fa ho avuto occasione di leggere, dall’archivio di famiglia di un mio amico “brionino” (di Brione s/Minusio, un paese che ha dato più che la sua parte all’emigrazione ticinese in California) una lettera che un suo zio, partito attorno al 1870, aveva indirizzato a casa nel luglio del 1905. Dopo 35 anni di mungitura all’aperto, mattino e sera, nell’estate torrida come nell’inverno gelido, giorno dopo giorno (le mucche fanno il latte anche nei giorni festivi), i pollici grossi come polsi a furia di calli, di notte accanto al giaciglio un secchio di acqua fredda per immergervi le mani indolenzite, l’emigrante scriveva, testualmente: “Giunto ad un’età in cui una donna non verrebbe per nuocere ….”. Dava poi istruzione ai suoi parenti di andare a Biasca a verificare se la candidata che gli era stata proposta da compaesani rispondesse alle sue esigenze in fatto di moralità e illibatezza. Una lettera inedita, ingenua e commovente che meriterebbe ampiamente la pubblicazione.

Alcuni giorni fa siamo stati tutti spettatori sorpresi dell’eruzione di ira funesta, tremenda e duratura di Lorenzo Quadri per la mancata nomina a vice-sindaco. Mamma mia, mi son detto, se la reazione è questa per un vice-sindacato di una città che, pur grande ed un po’ iperbolica, resta sempre un pulviscolo di sabbia nel cosmo, quale reazione terrificante avremmo subito se la carica contesa fosse stata di livello cantonale o nazionale? Uno scoppio d’ira da costringerci a riaprire i rifugi antiatomici?

L’emigrato “brionino” ci ha lasciati da un pezzo: fosse stato ancora tra noi, sicuramente avrebbe mandato una sua missiva al consigliere nazionale: “Siete giunto oramai ad un’età e a cariche in cui un tocco di signorilità non sarebbe venuto per nuocere”!

*

Crescono come i funghi gli scritti ed i dibattiti sull’iniziativa proposta dai giovani socialisti tramite il loro massimo esponente socio-caviale Cédric Wermuth. Gli esponenti dell’economia e dei partiti borghesi si affannano a darci le spiegazioni necessarie per convincerci al no. Un sì nuocerebbe pesantemente agli “interessi” della Svizzera! Mi occupo di politica da una vita, ascolto, leggo, cerco disperatamente di convincere il mio cervello ad aiutarmi a capire le informazioni che ricevo a quintali. Una sola cosa non sono mai riuscito a capire, neanche lontanamente: cosa siano gli interessi della Svizzera.

I miei? Non sono abbastanza supponente da crederlo, e neppur pensarlo. Quelli dei 61 miliardari che pochi giorni fa ho saputo essere svizzeri o residenti da noi? Quelli degli esponenti del mondo industriale che hanno trasferito i loro impianti di produzione nei paesi dell’est, di preferenza in Polonia, Bulgaria e Romania, per produrre a buon mercato e far così, oltre ai propri, anche gli interessi della Svizzera? O meglio ancora, quelli che sono andati in Cina? La Svizzera, si sa, ha tutto l’interesse ad avere buoni rapporti con la Cina!

Gli interessi di Stephan Schmidheiny o dei fratelli Mantegazza o quelli di mio zio Gerolamo De Maledetti, vedovo da 3 anni, pensionato e latifondista a Pugerna (890 mq, casetta a 2 piani con vista sul lago), che si arrovella per provvedere a chi e a come manterrà il suo micetto in caso di sua prematura scomparsa? O magari, ma l’ipotesi mi sembra insensata, l’interesse della Svizzera coincide anche con quello dei milioni di lavoratori, svizzeri o residenti, che si barcamenano per tirare la fine del mese con stipendi tra i 3 e, poniamo, 6’000 fr al mese, assegni per eventuali  figli compresi?

Allora, non potendo capire, mi baso, per la mia decisione di voto, esclusivamente su quel che di questo complesso e intricato dilemma ho capito io!

Ho sentito Stefano Modenini perorare la causa del no con più di un argomento. Uno in particolare: le persone con stipendi faraonici sono tassate alle aliquote più alte e versano perciò centinaia di milioni alle casse comunali, cantonali e federali, milioni che verrebbero a mancare se l’iniziativa l : 12 venisse accolta. Un’argomentazione sillogistica, mi era sembrato (sillogismo: tipo fondamentale di ragionamento deduttivo della logica aristotelica). Ma poi mi si è accesa una lampadina in testa: se l’argomentazione di Modenini ha peso e valore perché frutto di un ragionamento deduttivo logico, perché non assegnare stipendi arcimilionari a tutti gli stipendiati, portinai e assistenti ecologici (anticamente donne di pulizia) compresi?

Tassati come sarebbero al 50% verserebbero fior di miliardi al fisco, permettendo così allo stato di abolire le imposte e versare a tutti, lavoratori ancora attivi e neonati compresi, pensioni annue a 6 cifre. Senza un franco di debito sovrano. Ma Modenini, i personaggi di cui parlo i loro milioni prima li sottraggono a noi tutti, e solo dopo ne riversano allo stato, che siam sempre noi, la metà. Dove lo vedi, caro direttore, l’interesse della Svizzera a strapagare, fuori da ogni logica, raziocinio, misura e comune morale, questi pretesi e pretestuosi “supertalenti”? Il tuo, malgrado le apparenze, non è un sillogismo, è un sofisma come il mio (ragionamento capzioso,  fallace dal punto di vista della logica).

Nei dibattiti in corso Fulvio Pelli, di cui nessuno nega le qualità, si è a parer mio distinto per il fervore con cui ha perorato la causa del no all’iniziativa. Testimonianza di inequivocabile  certezza di essere dalla parte della ragione. Eppure, dopo averlo ascoltato, non ho potuto impedirmi di riandare con la memoria alla campagna del novembre 1992 per l’adesione al mercato comune. Anche allora Pelli, e con lui una moltitudine di politici, partiti (salvo l’UDC), media elettronici e stampati e tutta la propaganda “ufficiale” stavano dalla parte della ragionevolezza.

Pelli, ricordo bene, vantò a più riprese le nuove vie e possibilità che si sarebbero offerte ai giovani ticinesi di trovare istruzione e lavoro nella vicina Lombardia. Ma il popolo bestia sapeva quel che Pelli aveva dimenticato di dire: che i posti di lavoro erano posti da 600, al massimo 1’000 franchi. E l’adesione fortemente voluta da tutti i “potenti”, in particolare dal Consiglio federale, fu massacrata. Délamuraz, un eccellente consigliere federale, proclamò il lutto nazionale e Mario Botta, grande architetto che ogni tanto straripa fuori dal seminato, si sentì testualmente “morire dalla vergogna”.

Oggi sappiamo tutti, e spero anche Pelli, che il popolo bestia è stato il solo ad aver capito e aver ragione. Botta si vergogna, spero,  di essere morto di vergogna.

Rimango fermamente convinto che anche questa volta ad aver ragione sarà il popolo bestia!

Gianfranco Soldati