Per la prima volta in Italia piccoli imprenditori, commercianti, artigiani, titolari di partita Iva mandano un messaggio al mondo della politica e delle associazioni di categoria: si fermeranno per 4 ore.

Per chiedere aiuto e chiedere allo Stato in che direzione si vuole andare, il prossimo 27 novembre ci sarà la prima grande serrata nazionale delle partite Iva, dei piccoli imprenditori, dei commercianti, degli artigiani: coloro che sentono sempre più la pressione della crisi, tra tasse e burocrazia soffocante.
Per 4 ore si fermeranno, non risponderanno al telefono, tireranno giù le serrande, usciranno dai negozi e andranno in piazza a protestare.
Per dire allo Stato e alle associazioni di categoria che in Italia ormai è diventato impossibile lavorare, fare impresa, creare posti di lavoro, creare ricchezza.

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L’idea della serrata nasce da ‘ImpreseCheResistono’, un movimento spontaneo nazionale di piccole e medie imprese che vogliono resistere alla crisi, fondato nel 2009 dall’imprenditore cuneese Luca Peotta.

“Perchè facciamo questa serrata? – dice Peotta – Semplice. A forza di resistere rischiamo di dare il messaggio che ce la facciamo lo stesso. Ma non è così. Lo Stato non vede come ha ridotto i suoi figli?
Il danno lo facciamo a noi stessi, ma dobbiamo dare un segnale. Se continuiamo così, affondiamo. Lo Stato deve sapere, deve prendere posizione, ci stiamo mettendo a nudo.
(…) Proponiamo prima di tutto un provvedimento immediato contro l’evasione fiscale, che intervenga sull’Iva per il privato, che la renda scaricabile per i beni di consumo non di prima necessità come ad esempio il cellulare, l’auto, e molti altri servizi.
Si tratta di un provvedimento emergenziale che potrebbe durare all’incirca un anno, che permetta di far girare l’economia, creerebbe posti di lavoro, metterebbe più soldi in tasca agli italiani.
Per quanto riguarda l’Irap (imposta regionale sulle attività produttive) chiediamo di poter investire metà dell’importo dovuto in investimenti in azienda come, ad esempio, per la manutenzione ordinaria.
Sono anni che non investiamo, che non sostituiamo i PC, le macchine… Il resto di Irap dovuto vorremmo invece darlo in busta paga ai nostri dipendenti: sarebbero all’incirca 200 euro netti al mese.”

(Wall Street Italia.com)